Scritto da: Nino Raf. Giuffré

Paolino ha caldo al mulo


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Lungo il viottolo di Motta Sant'Anastasia, i manichini traversavano, come ogni giornata di rilasso, da un punto all'altro della loro mèta colla solita stanchetudine. Gli alberetti lagnanti era spogliati della loro marzolinità; nella volta azzurrina non si vedeano che pochi e spaesati uccellini; le sciroccate impreviste lassavano le palpitazioni fino quasi a simulare la mortanza alle coscienze.
Da un canto c'era un closciardo che miserava acqua alla bocca, accompagnato da un boccale di birrazzo e da una scatalotta di tabacchi, dall'altro, un musicante tutto fangoso, fanfaricchio, che faceva della propria litanìa baroccolante il proprio camparepernonmorire. Saverio e Paolino ci provarono alla stùzzica dei due abbarbati, e lanciarono, a mò di elemosina, qualche centone qualche palabra.
-Da dove calate? Che ci siete venuti a fare qui? Che neanche il pane è buono? – disse Saverio.
-Da Reggio, – disse il fisarmonico -, ci avevamo desiderio di cangiare. Lì ci impantanavamo coi topi, e la gente era scazzata ad ogni minchionata.
-e che ti pare che a Motta siamo vivi? – contestò Paolino -. Qui le cose stanno peggio che nei paesi di negrerìa. Perché non vi spaccate lo spinale come a noialtri? Che? Per voi è dovuto?
-Non ce n'è, non ce ... [segue »]
Composto giovedì 13 gennaio 2011

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