Poesie inserite da Iris Vignola

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Scritta da: Iris Vignola

Dall'oriente, all'agognar mio sovviene

Dall'oriente, all'agognar mio, sovviene
l'astro fiammeggiante,
scaturente riverbero nascente,
dalla vetta consenziente.
Malia d'una rinascita perpetua,
nell'eterno perpetrarsi d'un enigma.
Riflessi d'accecante albore rivestono l'aurora,
presagio ammaliator d'un nuovo dì,
foriera premessa d'anelati messaggi,
nello sperabile prodigio del risveglio mattutino.
Connubio con il sole,
ch'addentra il suo calor desiato,
nel colpir del raggio ammantato d'oro,
qual fosse incastro di monile.
Va a cercar l'anima, maestra d'occultarsi,
quando la mente percepisce d'esser spenta,
nell'ombra d'un'afflizione indegna d'esser viva.
Rigor di morte, ch'assale quando l'amor manca,
a solitudine, plausibile risposta.
Sottile filo conduttore, fluente d'energia,
che incombe, come un dio, nel penetrarmi,
del corpo e dell'inerte spirito, al fine d'appropriarsi,
cosicché cacciar gelo dentro e fuori.
Perenne ambir solar calore, ad irrorarmi il corpo,
ed a irraggiarmi l'anima depressa e vilipesa.
Similmente ad esso, vorrei calor di te,
lo vorrei seduta stante,
per evitare d'asserir ancora che mi manchi,
al mio intelletto e al cuore, ch'anelano quel sole.
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    Scritta da: Iris Vignola

    Ghirlande d'effusioni

    Ghirlande d'effusioni,
    preludio dell'amore,
    accendono i sensi e i cuori,
    assetando la voglia d'amare.
    I baci nell'intrecciar di lingue,
    carezze ardite,
    sanno alimentar fuoco in noi, avvinghiati,
    ch'assale la pelle ognor fremente,
    a divampar dal basso ventre,
    fin su, alle menti disconnesse dal mondo.
    S'incentiva la passione,
    nel volere e nell'offrire,
    intriganti gesta a scoprire il corpo ignudo,
    a far dono di sé, completamente,
    nell'implementar l'impeto d'un trasporto irruente,
    nella pienezza d'un ardore esasperato dall'attesa,
    nel pretender tutto e ancora, fino in fondo.
    Ripercorrere più volte i corpi,
    nel bramar gemiti e sospiri,
    Anelar dita sapienti.
    Seducente, la simbiosi d'intelletto,
    persa in giochi eccitanti e dissetanti,
    in cui scordar reale cognizione
    e dar adito all'istinto ch'appar represso,
    favorendo il desio prorompente di sesso.
    Soggiogati dall'estasi conturbante,
    di cui ribolle il sangue nelle vene,
    sfociante nel defluir d'amplesso
    in un fiume di lava bollente,
    saziamo l'estremo gioire del piacere,
    all'unisono nel completar l'amore.
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      Scritta da: Iris Vignola

      Essenza della notte

      Ruoto, levitando nello spazio semioscuro,
      risucchiata nell'eterea spirale,
      addentrandomi nel morbido velluto nero,
      trapuntato d'iridescenti e tremolanti stelle,
      come preziose e rare gemme,
      ch'appaiono a ravvivare il firmamento
      e ad attorniar la misteriosa luna,
      protagonista sublime della scena,
      nel teatrale spettacolo del cielo.
      Volo, elevandomi più in alto,
      dove lo spirito trova l'assoluta pace,
      nell'ovattato silenzio della notte,
      intanto che il corpo mio,
      di vil materia composto,
      resta inerme, nel sonno più profondo.
      Notte che, l'anima mia, hai, a te, attirata,
      onde coprirla, col tuo mantello scuro,
      così intrigante e sempre affascinante,
      seppur, talvolta, possa suscitar paura.
      A te, mi dono, fautrice dell'amore,
      unendo, al tuo, il caldo mio respiro.
      Silente amica, rivelami il segreto,
      sì magico e magnifico,
      dell'incantevole tua soave essenza
      di cui sei, mirabilmente, rivestita.
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        Scritta da: Iris Vignola

        Malinconica notte

        Riflesso bianco freddo, generato dal riverbero di luna,
        luce appariscente che risplender fa le acque d'affluente.
        Atte a carpir l'immane globo, le fronde si fan ombre, da lontano,
        vaghe s'intrecciano l'un l'altra, a far barriera al vento mercenario,
        sibilante, nell'inverecondo scorrazzare, dacché rompere il silenzio,
        ch'ancor non s'ea spezzato.
        Malinconico splendor di plenilunio,
        vano ad asciugar il pianto, seppur sommesso,
        non apportando alcun ristoro al cuore disperato e infranto,
        neppur nel ravvivar il tetro nero circostante.
        Silenzio, tutt'intorno al mio presente, le lacrime son perle, a tal chiarore.
        Sul rogo d'inclemenza, la mia vita hai reso cenere,
        nel gelo d'un'attesa ho trasferito il mesto sopravvivere.
        Pallor sul viso, quasi canini di vampiro m'abbian dissanguata,
        reietto ammaliatore, scaturito dall'ombra ch'è nascosta, madre oculata,
        avvolto nel suo abbraccio, in una spira,
        pronto a morder la sua preda designata.
        Martire stremata, vorrei gridar tutta la rabbia,
        seppur la forza m'abbia abbandonata.
        Annichilito sguardo, perduto nell'intensa e strana notte malinconica.
        Desio d'esser fantasma, priva di strazio che tormenti,
        nel ricondur ricordi ormai sepolti tra reperti antichi,
        dove rimorsi vanno a infrangersi, al pari dei rimpianti per scelte non decise.
        Ma non è ancora il tempo del passaggio,
        la vita ancor reclama per vincer la partita.
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          Scritta da: Iris Vignola

          Inebriata dal voler esser nuda

          Inebriata dal voler essere nuda,
          s'ha da librarsi in volo, l'anima vagabonda,
          quella veste ch'avea scelto sta nel letto,
          in pieno sonno, a vivere nel sogno.
          Di letizia rivestita,
          centellina l'ingordigia d'esser libera,
          roteando in spirali colorate,
          aggrappandosi a code di comete,
          apprestandosi a inoltrarsi in buchi neri,
          fino a sfrecciar dove non era stata prima,
          fin'a scoprir galassie sconosciute,
          coniate da miriadi di stelle ammaliatrici,
          d'altri soli, al centro di pianeti,
          laddove le distanze appaion abissali,
          laddove il tempo appar inesistente,
          fors'a raggiunger il confine d'universo.
          Non appar stanca, par abbia superato circa un metro,
          l'anima avventuriera, ciononostante si riposa,
          adagiandosi sopr'a una scia di rocce levitanti,
          pure mancando l'aria,
          in speranzosa attesa d'apertura del portale
          separante universi paralleli.
          Il suo alter ego attende, al varco, l'anima gitana,
          dai vicendevoli racconti scopriran segreti di vite alternative
          di quelle spoglie ch'han lasciate sole e abbandonate.
          Nonché vuote, prive di quello spirito ch'è saturo d'immenso.
          Degli alter ego alieni, l'un per l'altro, ma similmente uguali,
          Gli stessi tratti, le stesse identità, gli stessi desideri,
          seppur scelte diverse, inverse, del tutto essenziali a far la differenza.
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            Scritta da: Iris Vignola

            Lo scoglio del peccato s'è venato

            Tu l'ape, io il fiore,
            metafora ch'appar del tutto vera,
            allor ti fai condurre dal profumo e dal colore
            del mio esser fiore, da te amato,
            nel solito frangente ch'io t'anelo e appaio pronta
            ad allietar olfatto ed estasiar palato.
            Tu conturbante ape, io ammaliante fiore.
            Nel rivelar dei petali t'inoltri, sinuosi e schiusi,
            agognando sugger nettare che sa inebriarti,
            di cui nutrirti e satollare i sensi,
            saziando gli appetiti miei, per te, esistenti.
            Istanti vivi, che fan vibrar la carne e ribollir il sangue,
            nell'eruzione d'un vulcano che s'è acceso,
            spandendo rovente lava, a infranger, del lecito, barriera,
            dacché ammetter che l'illecito sia sostantivo senza senso,
            nel compiacer l'amore, quello vero.
            Lo scoglio del peccato s'è venato,
            andando, mano a mano, a disgregarsi
            sotto il frangere dell'onda dirompente
            che, costante, nell'eroder piano piano, lo consuma.
            Tu onda prorompente, io mare che t'acclama.
            Tu ape pretenziosa ed io fiore in simbiosi,
            Siam consci che l'amore non abbia nulla da rimproverarsi,
            all'evitar d'alzare mura inconsistenti.
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              Scritta da: Iris Vignola

              Fragilità

              Fragilità cruciali e prepotenti,
              omertosi e nebbiosi stati esistenziali
              che si nascondono, come serpenti aggrovigliati,
              nell'ombra dell'insita boscaglia dell'emozioni sentimentali,
              dove strisciare occultamente,
              andando ad infierire e interferire col senso della vita.
              Fragilità appartenenti all'io celato,
              dei sentimenti innati, generanti emozionali stati d'animo,
              talvolta nati nella luce, figli di speranza,
              che vanno ad incontrarsi e maturare
              nella silente solitudine della propria anima.
              Fragilità univoche discinte dalle fragilità comuni,
              che mostrano ogni essere a sé stante,
              singolare involucro perfetto ed imperfetto, nel contempo,
              dove squilibrio ed equilibrio si equivalgono e si compensano.
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                Scritta da: Iris Vignola

                Placido il mare

                Placido, il mare, assorto nel torpore apparente,
                in quel d'estate
                pare ignorar la gente.
                Dal vento, sì tiepido e gentile, si lascia accarezzare.
                Discontinuo, l'alitare lo sorvola e lo sfiora,
                assai fugace,
                in quell'ore da bollore
                ed esso, per diletto, ad increspar l'acqua s'appresta,
                alzandosi nell'onde, tenaci e delicate,
                ch'avanzano, frementi di lambir la calda sabbia,
                per riversarvisi dentro,
                morendo su di essa, in spuma bianca,
                sapienti del rinascere perpetuo, nel lor ritorno indietro,
                al proprio padre.
                Placido il mare e placide le membra sotto il sole,
                sulla battigia fattasi infuocata.
                All'acqua fresca di risacca appena nata,
                poni la tua voglia di freschezza,
                nel desio impellente di refrigerio da calura,
                corroborante la tua energia testè calante.
                Bagnato, l'arenile disseta la tua sete,
                nel mentre che il rumore, ognor cantilenante,
                dolce sciacquio che sa pregnar l'udito,
                conduce alla tua mente, soave, del mare,
                quel sospiro, fattosi vibrante,
                sotto il sussurro flebile del vento,
                che gli riporta il canto che, in coro, vanno ad intonare,
                in paziente attesa dell'apparir dell'imbrunire.
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                  Scritta da: Iris Vignola

                  Beltà e grazia han arriso alla tua forgia

                  Beltà e grazia han arriso alla tua forgia,
                  di maestria si son plasmate nell'imprimer il lor marchio;
                  quant'è stata real veemenza, nel desiderar di far, di te,
                  creatura alata, ineguagliabile esemplare, mai esistito tale?
                  Grata, alquanto, al mio etereo arrancar là, fin dove arriva il sogno,
                  in un cielo ch'ha dismesso il velo nero,
                  scippato del colore buio dell'ombra,
                  dall'estasiante aurora, giungente a rischiarar l'intorno.
                  Nell'atto di posar i piedi s'una nube accumulata,
                  mi costringo all'esilio e al diniego del risveglio,
                  acciocché stare nel sonno, a favorir lo spazio che ricerco.
                  Cavalcar su di te, oh mirabile destriero,
                  carezzar il corno tuo, che ha sapor di sortilegio,
                  com'eretto a corona sorprendente, sul tuo capo;
                  aggrapparmi a soave morbidezza del tuo lungo crine biondo,
                  del color che copia il sole, risplendente, or or, da Oriente,
                  all'intender non cadere nell'accedere alle stelle.
                  Febbril desio sfrenato e inappagato di mistero impenitente,
                  ardor di fuggir via da ciò che è vero,
                  all'uopo d'inchinarsi alla malia dell'irreale, del fatato.
                  Che non abbia, il bagliore che traspare,
                  ad infrangere e dissolver l'illusorio istante ch'io sto vivendo.
                  Ch'abbia, tutto questo, un real senso.
                  Ch'il mattin, testè parvente, si faccia sì silente,
                  per proteggere l'essenza del mio mondo così strano,
                  suggestivo e alternativo, trasudante fascino infinito e raro,
                  esternato da mente ch'osa scindere chiusure perentorie,
                  nell'esular dal certo preesistente e deprimente, invero,
                  per optar l'incerto, di cui l'intento è di scoprir l'arcano,
                  immergendomici dentro, fin'a divenir parte integrante dello stesso.
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                    Scritta da: Iris Vignola

                    Ero con te

                    Nello splendore mattutino di quella fine maggio,
                    c'incontrammo e incrociammo il nostro sguardo.
                    Poi ci amammo, come naufraghi dispersi tra marosi,
                    burattini appesi a fili,
                    dimenati senza sosta nelle acque invereconde
                    dell'oceano smisurato della malasorte,
                    che s'aggrappano a vicenda dacché rimanere a galla,
                    avanti d'avvistar sicuro approdo da cui trarre conforto.
                    Carnale conclusione naturale
                    d'un amor spirituale ch'era nato.
                    Ti guardavo e mi guardavi,
                    nel silenzio sol gli sguardi raccontavano di noi,
                    nel reciproco desio di rivelarci fino in fondo,
                    mera realtà, poco prima, solo un sogno.
                    Ti bramavo e mi bramavi,
                    nello sfiorar l'altrui corpo seminudo,
                    nell'alitar reciproco, esalato a fior di labbra,
                    nei baci e negli abbracci circondanti,
                    nel mentre il tempo scivolava come sabbia.
                    E poi ancor la chioma scura appoggiata alla tua spalla,
                    in quell'attesa che correva via impietosa,
                    sensazione di mera tenerezza improvvisa,
                    scopristi in te, con grande meraviglia.
                    Mi allontanai da te, inevitabilmente troppo presto,
                    intanto che, col gesto, mi donavi il cuore.
                    Ero con te, fino a che s'avvide il calar del sole,
                    nel giorno che tendeva all'imbrunire,
                    onorando la notte nel cupo suo avanzare,
                    scomparendo in essa, come atto d'amore.
                    Composta domenica 24 maggio 2015
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