Poesie inserite da Iris Vignola

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Scritta da: Iris Vignola

Tu...

Sussurri carezzevoli inondano la mente
turbandola
sensazioni ataviche percorrono la pelle
sfiorandola e facendola vibrar
desiderio
carnale
spirituale
esplode nel corpo, nell'anima
donarti me stessa totalmente
incondizionatamente
appartenendoti
come l'acqua al mare
il vento all'aria
il sole al giorno
la luna alla notte
tu nei miei pensieri
tu nel mio immaginario
tu nelle mie viscere
tu nel mio cuore
sei qui
percepisco il tuo respiro
il tuo odore mi assale
penetro gli sguardi cercando il tuo
per addentrarmi in te, fondermi con te
e farti mio
so che ti troverò
non so dove
non so quando
esisti e mi stai aspettando
devo solo incontrarti.
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    Scritta da: Iris Vignola

    Follie d'amanti dall'eterno sapore

    Evanescente, quel letto sospeso fra le stelle,
    ricoperto dal riverbero lunare.
    Trapunta impreziosita da diamanti.
    Etereo talamo per due amanti.
    Gemiti prolungati, nello scindersi in sospiri.
    Sussurri, che non guastino il silenzio della notte,
    fin'a divenir corali, nel cantico stellare.
    Un cantico d'amore.
    Un cantico di gioia, che s'elevi al firmamento.
    Discese e risalite, d'avvallamenti ignudi.
    Palpita, il cuore, con forza ardita e ritrovata.
    I semi del piacere han dato i frutti e ci han sorpresi.
    Noi, disillusi di non poter amare,
    tasselli con cui il fato gioca a puzzle molto spesso.
    Tepore, le membra attorcigliate,
    connubio indissoluto come petalo col fiore.
    Com'edera, al muro, abbarbicata, se no muore.
    Cotanto ardore, nelle nostre brame.
    Sterpaglia d'apatia ha preso fuoco,
    nel crepitio ancestrale del fuoco dell'amore.
    Sei qui... nel tuo sospiro nasce il mio respiro...
    Carezze lievi, baci appassionati.
    Due cuori uniti, vite che si son cercate.
    Follie d'amanti, dall'eterno sapore.
    Composta domenica 20 settembre 2015
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      Scritta da: Iris Vignola

      Amor rubato al tempo e al caso

      Rigagnoli d'umore, scrosciano.
      Letto d'un fiume in piena,
      acque straripanti, senz'argini e barriere.
      Spiaggia al tramonto,
      mare che s'increspa al divenir dell'onda.
      Fresca oasi dei miei deserti assolati,
      dove mi posso dissetare.
      Costante desiderio delle mie notti insonni,
      per non sentirmi smarrita e sola.
      Lenzuola umide d'amore,
      distese sulle stelle,
      ad asciugare al riverbero di luna.
      Infuocato, il sangue irrora la carne fattasi rovente,
      preda accondiscendente del potere dell'amore.
      Amor che, a grandi lettere, imprime il suo marchio
      indelebile sul cuore.
      Amor sovrano, che tutto vuole e prende, senza inganno.
      e sa donare, a piena mano.
      Amor rubato al tempo e al caso,
      come pensiero che pecca d'innocenza.
      Chiede clemenza per esser nato.
      Implora grazia per esistere tutt'ora.
      Composta venerdì 18 settembre 2015
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        Scritta da: Iris Vignola

        Elisir di vita

        Soave mormorio di torrente,
        quasi un bisbiglio dolce e suadente,
        accompagnante gemiti sussurrati.
        Seni che sussultano,
        al sapiente tocco dell'amate mani,
        intanto che il respiro si fa corto,
        nel mentre che discendi lungo il corpo.
        Divampante rogo, hai acceso.
        Baci appassionati,
        labbra vogliose e compiacenti,
        d'assaporar quell'elisir di vita.
        Sublime istante in cui mi possiedi,
        penetrando la carne mia fremente,
        in un impeto crescente.
        Esilarante, maschio vigore,
        unito ad infinita tenerezza,
        assalgono la mente, priva di pensieri,
        sconvolta dall'irruente estasi d'amore,
        perpetrata ancora e ancora,
        coinvolgente i sensi ormai impazziti,
        che si lasciano condurre dal piacere,
        nell'ancestrale fusione dei due corpi.
        Erba inumidita dagli umori.
        Acqua fresca di torrente scorre,
        zampillante tra sassi e anfratti,
        sussurra il suo magico canto d'amore,
        in quell'eterno mentre...
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          Scritta da: Iris Vignola

          La passione di cristo

          Limpido cielo, di stelle ammantato,
          in quella gelida notte, nella quale sei nato,
          finanche, da vivida cometa, attraversato,
          onde annunciar sublime avvento,
          tra paglia, nell'angusto antro,
          in miseri panni e solo riscaldato
          dal fiato del bue e dell'asinello,
          tu, umile e divino bambinello,
          dall'eterea dimensione, proveniente,
          sull'angosciata terra,
          per volontà del padre tuo vivente.
          Regali gesti, dalle miracolose mani,
          generate per sanare e per donare
          ciò che era andato perso,
          per un destino avverso,
          da chi, nel proprio cammino, ti ha incontrato
          ed il tuo verbo, ha fatto suo,
          per cui, ogni peccato, gli è stato cancellato.
          Carismatiche parole, dalla tua bocca,
          di pace, perdono,
          speranza, fratellanza,
          rivolte alla crescente folla,
          che ha barattato il cuore, in cambio del tuo amore,
          per mezzo delle quali, mutando triste sorte,
          la vita, hai restituito,
          sconfiggendo la morte,
          su chi, di te, la veridicità, ha recepito.
          Tu, come buon pastore,
          hai conquistato il cuore,
          di chi, di te, ha compreso
          che fossi, in verità,
          il messia tanto atteso,
          del creatore, l'unigenito figlio,
          fattosi uomo e, tra i suoi simili, sceso,
          per prender su di sé,
          del mondo, diabolico peccato.
          Ed affinché ciò si avverasse,
          fosti straziato ed umiliato,
          a seguito di, con un bacio, esser tradito
          da chi, al desco tuo, si era seduto
          ed aveva, con te, intinto il pane consacrato,
          spezzato e dispensato,
          come tuo corpo, sulla croce, immolato
          ed il vino, dal calice, bevuto,
          offerto, al pari del tuo sangue, versato,
          per l'eterno patto,
          dal dorso, che lo scudiscio ha martoriato,
          dal capo, che le spine della vile corona hanno violato
          e, appresso che, durante la via,
          cadesti, sotto, della croce, il grave peso,
          da taluni reietto e disprezzato,
          bensì, dai giusti, immensamente amato,
          dai piedi e dalle mani,
          trapassati dai sacrileghi chiodi
          e dal costato,
          dove, non ancor paghi del male compiuto,
          vigliacchi, ti hanno altresì ferito.
          Tu, essere celeste,
          che, di alcun male, ti sei macchiato
          ed hai, all'inverso, gli stolti carnefici, perdonato,
          che, all'insano ordine, hanno obbedito,
          senza capir realtà di colui che stavano uccidendo
          e che, a Dio, l'innocente suo spirito, rimetteva,
          che fosse in ver chi, d'esser, predicava.
          "Io sono la via, la verità e la vita.
          Chiunque crederà in me non morirà mai"
          pronunziò, avanti la sua ascesa,
          Gesù, chiamato il nazareno,
          o il cristo, dell'onnipotente, l'unto,
          il messia, il salvatore...
          comunque sia... il nostro adorato signore,
          che, per nostro amor, ha donato la sua vita.
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            Scritta da: Iris Vignola

            Vite senza tempo

            Rumoreggia il silenzio,
            nella coscienza attenta.
            Grovigli di pensieri,
            Intersecati come fili,
            tentacoli, nella mente, radicati.
            Chiazze d'oblio,
            lapsus di vita passata
            e, nel contempo,
            visi improvvisi,
            sprazzi d'eventi remoti,
            come lampi che affiorano dall'io.
            Giù nel profondo,
            scavando tra memorie antiche
            che, sapienti,
            riconducono i ricordi,
            appartenenti all'anima immortale.
            Effimere vite,
            vissute quanto un battito di ali.
            Realtà irreali,
            materia che non vale quasi niente,
            che si disgrega,
            come nuvola col vento,
            sotto l'inverecondo influsso
            d'un fuggente tempo,
            che lo spirito non teme, ma divora,
            nutrendosi di fasci d'ore e di minuti,
            onde approdar all'esistenza muta,
            in una dimensione ancora pura,
            nel suo non tempo,
            eterno ed assoluto.
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              Scritta da: Iris Vignola

              Scarpette rosse

              Leggiadra all'apparir, sovvieni, al pari di dolce farfalla,
              volteggiante nell'aria tiepida di primavera in fiore.
              Son ali colorate, le tue scarpette rosse,
              di lucente raso create, nastrate alle caviglie,
              come, da tempi immemori, son solite far le ballerine.
              Punte gessate, su cui spiccare il volo,
              acciocché farti ammirare, tentando di scordar dolore e ansia,
              roteando, aggraziata, in vorticose pirouettes infinite,
              esile trottola, nell'armoniosa danza,
              ritmata al cadenzar d'una soave melodia,
              nell'attitude, nel fouettè, nel pas de chat,
              nel coup de pied, nel developpè, nell'arabesque,
              le tue movenze fluidamente delicate trasudano energia
              e fan di te poesia, sublime libellula danzante,
              sposata al sacrificio, senza alcun indugio,
              a cui ti doni con passione e dedizione,
              per tornare ad esser ancora e ancora notturna falena,
              attirata dall'aura iridescente della scena,
              nell'istante supremo d'apertura del sipario,
              quando, ad occhi chiusi, trai un respiro più profondo,
              per balzare dalle quinte e volare su quel palco,
              avvolta in altrui vesti, d'organza e di paiettes,
              giacché narrar le storie, con la tua suggestiva danza,
              preludio, fulcro, epilogo del cantico d'amore.
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                Scritta da: Iris Vignola

                Il silenzio degli innocenti

                Silenzio, nella verde valle ridente,
                in cui la natura,
                in quell'aurora radiosa,
                è ancora, nel sonno, assopita.
                Echi improvvisi la invadono,
                poi disperdendosi,
                nell'ossigenante aria,
                testè fattasi frizzante.
                Echi di urla strazianti,
                di belati stridenti,
                contrastanti nel perfetto scenario
                del giorno nascente.
                Echi di sofferenza,
                occhi saturi di doloroso languore,
                delle vittime designate, tenere carni al macello,
                brutalmente trascinate.
                Sangue, dissacrante,
                colora la terra di purpureo rosso
                e l'odore di morte prevarica,
                ad oltranza,
                dei fiori, la fragranza.
                Poi torna il silenzio,
                a regnare con clemenza,
                donando, della pace,
                solamente la parvenza,
                nella valle, tutt'intorno.
                Il silenzio di creature innocenti.
                Il silenzio delle vittime dell'uomo.
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                  Scritta da: Iris Vignola

                  Ibrida creatura

                  Ali angeliche,
                  su, di demone, il corpo,
                  senso non hanno,
                  o spirito assorto,
                  immobile,
                  solitario,
                  in cerca quasi di agognante conforto.
                  Son qui, a scrutarti,
                  sogno o son desta?
                  Se di sogno trattasi,
                  realtà non può essere...
                  muovermi non oso
                  e, al tuo avvinghiante sguardo,
                  rispondere, neppure provo.
                  Se, all'inverso, sei tu reale
                  qui esser non dovresti,
                  bensì nel tuo mondo irreale,
                  fatto di ghermente fuoco infernale?
                  Neri angeli ribelli?
                  Anime fosche e dannate?
                  O forse son tutte sbagliate?
                  Fatto di impalpabili nubi leggiadre?
                  Candidi angeli, eletti?
                  Esseri di luce coperti?
                  Rispondermi non vuoi?
                  Ebbene, allora oso
                  e, nei tuoi occhi,
                  seppur con trepido timor,
                  lo sguardo mio, poso.
                  Occhi non d'inferno plasmati,
                  né di azzurri cieli sconfinati.
                  Comprendere non so,
                  ma una cosa è certa,
                  quella lacrima che scruto scendere, lenta,
                  non è perversa, né insulsa
                  ibrida, fragile, confusa creatura.
                  Vederti così soffrire
                  tu che, da laggiù, vieni,
                  o da lassù.
                  È, la mia mente, ferire.
                  Composta mercoledì 19 marzo 2014
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                    Scritta da: Iris Vignola

                    Una rosa fra le mani

                    Dal cielo, fredde lacrime
                    digradano, su di me,
                    quali amorevoli carezze,
                    lungamente attese,
                    di materne mani,
                    che, le guance, inondano
                    e, ad altre,
                    dal salato sapore
                    e dal tenue calore,
                    si confondono,
                    scivolando giù,
                    fino a dissolversi
                    nell'acquitrinosa pozza,
                    di cui, il viaggio va ad iniziare,
                    per lo stretto canale,
                    indi, al grigio fiume fluire,
                    onde sfociare nell'impetuoso mare,
                    dove, del mio pianto, il sale
                    a quel marino, far unire.
                    Languida rosa, fra le mie mani,
                    che, nelle tue, avrei posato,
                    mia dolce sposa.
                    Sussurrato, ogni suo petalo, ti avrebbe
                    il mio amore,
                    che tu pensavi smarrito, per errore,
                    bensì, con la morte, non ti abbia tradito.
                    come, all'inverso, hai fatto tu,
                    che l'hai bramata, cercata, trovata
                    e, con lei, sei partita,
                    senza me, meschino,
                    per un'altra vita
                    lasciandomi qui, solo,
                    confuso e affranto,
                    col rimpianto di non esser morto,
                    avanti a te,
                    dacché, in Ciel, ti avrei accolto,
                    con questa rosa fra le mani,
                    che sfiorirà
                    prima di domani.
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