Poesie inserite da GIUSEPPE BARTOLOMEO

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Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

La nostra casa

Di fronte ad alti e verdi cipressi
c'è la casa da me sognata:
un giardino pieno di fiori
un nido umano da amare.

Quanto verde nei miei occhi,
quanti colori nelle sue mani,
quanti sogni della bambina
corrono allegri nelle scale.

Ascolto il respiro del cane
vedo il nido della cicogna
la farfalla mi vola intorno
cercando un fiore da amare.

Di fronte ad alti e verdi cipressi
passo ore a contemplare
un'ombra di un Dio pagano
che non ama né sa parlare.

Quante frecce nella sera
quante favole da raccontare.
Quanti fuochi d'artificio
in queste mura da pagare.
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    Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

    Pomeriggio d'inverno

    Sono le immagini del tempo
    a stordirmi in questo pomeriggio
    pieno di pioggia e di vento.
    Ho perso anche l'orizzonte
    di quel rosso di toro ferito
    sull'arena a odore di morte.
    Sono solo con il cane ammutolito
    leccando l'aria rotta da echi
    di montagne e fiumi senza fine.
    Il fumo della sigaretta accesa
    avvolge donne africane dipinte
    in questo mio quadro d'inverno.
    È questo pomeriggio avanzato,
    pieno di pioggia lenta e muta
    a regalarmi sogni futuri.
    Quante immagini diventano statue
    in questo inverno solitario,
    dove i sogni volano con le foglie
    e la pioggia ci matura al domani.
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      Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
      Noto qualcosa strana camminare
      nel silenzio della notte oscura.
      Il cuore si rifugia nella grotta
      ascoltando un silenzio maturo.
      È un bisbiglio nel cielo
      un fantasma nella luna
      un raggio di tristezza
      trasformato in paura?
      La sveglia ritma la notte
      un cane risponde a una stella
      il tarlo della memoria avanza
      rodendo il legno della mente.
      Il sogno si tinge di rosso
      una donna cavalca nuda
      un cavallo con la coda nera
      su una spiaggia piena di sirene.
      Sarà la voce del pensiero,
      sarà la spada della guerra,
      o il vuoto che portiamo dietro?
      È un fiore bianco
      una ferita nella sera
      una luce spenta
      in tenebre senza veli.
      Noto qualcosa conosciuta nella luce:
      la notte è giorno senza più paura.
      Il cavallo ritorna nell'azzurro:
      quest'uomo ritorna fanciullo.
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        Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
        Un'ombra di cristallo nella nebbia
        una ferita incastrata nella memoria
        una fiamma di fuoco nel cuore
        un grido di bimbi nella notte.

        È l'ultimo tramonto di un uomo
        camminando solo sul ponte.

        Un'ombra scende gridando con i morti
        i cristalli frantumano il grido della morte
        il cuore non ha un angolo solitario
        per curare la ferita aperta nell'anima.

        Si cammina come il toro nell'arena:
        furore negli occhi e morte nelle vene.
        Il labirinto costruito senza valori
        distrugge il filo d'Arianna dell'amore.

        Abbandoniamo le ombre senza cuore
        ritorniamo ad essere uomini di perdono.
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          Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

          L'apparenza

          L'apparenza nasce con una maschera
          portata con destrezza nobiliare:
          ci s'inebria, si adatta e si trasforma,
          in un mondo ridotto un gran teatro.
          Si cammina truccati da marionette
          su strade di città piene di gente,
          dove l'occhio non conosce le stelle
          per brillare con una luce celeste.
          C'è chi vive da vecchio straccione
          per coprire un passato maledetto,
          c'è chi vive da aristocratico signore
          per non essere riconosciuto ladrone.
          L'apparenza guardandosi allo specchio
          si vive con tristezza tutto il giorno.
          Non conosce il sorriso d'un bambino
          o lo sguardo tenero di un vecchio.
          L'apparenza si vive senza storia
          perché la vita è stata un falso,
          con orpelli appesi nel cuore
          e maschera piena d'inganni.
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            Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

            Ricordi d'infanzia

            Quand'ero bambino
            scendevo con la luna
            i sentieri del bosco.
            I grilli cantavano
            l'avvento della notte.

            Alzavo le trappole
            cadute a mezzogiorno
            quando il sole stordisce
            gli uccelli e i ricordi.

            Scendevo con le stelle
            nei vicoli stretti e bui.
            Una voce senza volto
            mi chiamava lontano
            mentre lucciole allegre
            danzavano in campana.

            Erano altri tempi
            quand'ero bambino.
            Il paese era povero
            ma ricco per morire.

            Erano altre allegrie
            vissute in Lucania:
            conservando le sorbole
            maturavamo il domani.
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              Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
              Quand'ero bambino tagliavo ginestre
              sui monti verdi del mio paese lucano.
              I fiori raccolti in piccoli gesti
              li gettavo lungo le strade strette
              passando il corpo di Cristo benedetto.
              I fili verdi appesi in cantina oscura
              guardavano le sorbole ancora immature.

              Sui burroni della memoria infantile
              rivedo strani volti con rughe antiche.
              Buoi che tiravano un traino di legno,
              bambini aggrappati fino alla cappella.
              Asini che ragliavano nelle loro stalle
              muli che aiutavano ad essere stanchi.

              Era un paese con molti calli nelle mani,
              donne austere chiuse nei propri guai.
              Era una famiglia senza umani confini
              dove tutti erano zii, compari e vicini.
              C'era un giardino con aquila e cannone
              ricordando la guerra e i morti d'allora.

              Quand'ero bambino lavoravo per gli altri
              per mangiare pane e portare le scarpe.
              Raccoglievo legna e lavavo le scale
              ma ero libero per correre e cantare.
              Oggi da grande, calvo e con barba,
              ricordo il bosco e l'odore a vino cotto.
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                Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                Pietre di fiumara mia
                ammutolite d'inverno
                piene di secoli vivi
                rifugio di rondinelle.
                Ascoltate il vento verde
                scendere giù nella valle.
                I boschi cadono addosso
                quando frana la montagna.
                Pietre di fiumara mia
                mi avete visto nudo
                tuffarmi in pozzanghere
                senza farmi paura.
                Quanti calli per spaccarvi
                quanti sudori caduti!
                Quante leggi senza cuore
                quanto sangue con amore.
                Gli uomini del paese
                vi hanno aperte ferite
                per portare il pane
                su mense non imbadite.
                Pietre di fiumara mia
                ruvide come il sogno
                mi avete fatto ricco
                meditando all'ombra.
                Adesso un po' lontano
                sotto un arco antico
                vi rivedo trasformate
                in un'immagine amica.
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                  Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO
                  C'era una volta un boscaiolo
                  col cappello e l'asinello
                  camminava sotto il bosco
                  pieno di funghi e uccelli.
                  Toccava un tronco e l'ascoltava
                  per sentire gli anni che portava.
                  Gli dispiaceva usare l'accetta
                  per uccidere un tronco vecchio.
                  Camminando camminando l'asinello
                  udì un reglio. La sua compagna
                  era lontano, ma il suo odore
                  era più forte della campagna.
                  Il boscaiolo in silenzio ascoltava
                  la musica dei ragli nel bosco.
                  Era l'eco della vita animale
                  o il canto di due innamorati?
                  Gli alberi pieni di un certo timore
                  guardavano l'uomo e l'accetta,
                  mentre un uccello solitario
                  capiva l'asino e il suo dolore.
                  C'era una volta un boscaiolo,
                  oggi c'è la serra e il trattore.
                  C'era una volta il dolce asinello
                  oggi non c'è neppure quello!.
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                    Scritta da: GIUSEPPE BARTOLOMEO

                    I nonni

                    Tronchi bruciati a mezzanotte
                    sguardi maturati nel silenzio
                    mani incallite dal duro lavoro
                    due ombre abbracciate nel tempo.

                    Sono i nonni di tutti i bambini
                    sono gli occhi accesi del mondo
                    sono l'anima del passato
                    con i pesi diventati ricordi.

                    Due anime dipinte di profilo
                    con volti e rughe profonde
                    gli occhi sono pozzi di deserto
                    all'ombra del sole d'agosto.

                    Tronchi bruciati lentamente
                    nel focolare antico di casa
                    dove noi siamo nati giocando
                    e loro continuano innamorati.
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