Poesie inserite da Poetaadieta

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Scritta da: Poetaadieta

Consumismo

Cammino in mezzo alla folla
e mi sorprendo pensare
quale sia la molla,
che la spinge a vagare.
Vagare per ogni dove
ed acquistare, dissennata,
prodotti senza prove
e mercanzia taroccata.
Sembra sia di vitale importanza
adorare il Dio del consumo
e tacitare la coscienza,
gettando l'obolo al pover'uomo.
Che progetto è mai questo,
che ci spinge ad apprezzare
non la gioia per il bel gesto,
ma la voglia di divorare.
Ingoiare, a tutti i costi,
ciò che il consumismo ci offre
e non soffermarci mai, onesti,
ad ascoltare chi soffre.
Anzi, la voce dei poveri
alla folla da fastidio;
le ricorda doveri
verso vite da martirio.
Ma non c'è tempo di fermarsi,
perché tutto bisogna osservare
e solo interessarsi
di ciò per cui val la pena vagare.
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    Scritta da: Poetaadieta

    Vorrei essere

    S orgente alba che diffonde la sua luce radiosa,
    o tramonto che uccide il giorno con infuocati strali.
    Quello, vorrei essere.
    M ontagna che maestosa domina la pianura,
    o fiume che con le sue fresche acque disseta la radura.
    Quello, vorrei essere.
    N ebbia che tutto avvolge in umido sudario,
    o notte che su torbide vicende cala il sipario.
    Quello, vorrei essere.
    M artire che s'immola sull'altare degli ideali,
    o condottiero cui la città è fiera d'aver dato i natali.
    Quello, vorrei essere.
    A quila che volteggia librandosi alta nel cielo,
    o delfino che solca felice le onde del mare.
    Quello, vorrei essere.
    A viatore tiranno d'immensi spazi,
    o marinaio principe di profonde solitudini.
    Quello, vorrei essere.
    A rtista creatore di opera immortale,
    o scienziato inventore di soluzione vitale.
    Quello, vorrei essere.
    N on sono alba, ne tramonto, ne montagna o fiume;
    non sono nebbia o notte, ne aquila o delfino;
    non sono martire, o condottiero, o aviatore, o marinaio;
    non sono ne artista, ne scienziato:
    non sono... quello che vorrei essere.
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      Scritta da: Poetaadieta

      Un po' di me

      Dare un po' di me a chi amo,
      perché mi ami di più.
      Dare un po' di me a chi stimo,
      perché mi stimi a sua volta.
      Dare un po' di me ad un amico,
      perché mi onori della sua amicizia.
      Dare un po' di me a chi conosco,
      perché mi conosca meglio.
      Dare un po' di me ad uno sconosciuto,
      perché impari a conoscermi.
      Dare un po' di me ad un uomo,
      perché mi veda suo complice.
      Dare un po' di me ad una donna,
      perché mi trovi compagno ideale.
      Dare un po' di me ad un bambino,
      perché mi regali il suo sorriso.
      Dare un po' di me a tutto il mondo,
      perché mi accetti come sono.
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        Scritta da: Poetaadieta

        D'ictus

        Lampo d'accecante candore
        m'abbaglia ed oscura la mente,
        una fitta di lancinante dolore
        mi avvisa che può, silente.
        È il corpo non mio, lo sento,
        quello che sfugge al controllo,
        perché mai, certo non mento,
        ho paventato un simile tracollo.
        Ma come puoi, avido mostro,
        crudele portatore di sventura,
        bastardo figlio d'un creato nostro,
        tentare di portarmi a morte sicura.
        Con il tutto che ancor ho da fare
        e del già fatto il non voluto oblio,
        credi proprio ch'io non sappia lottare,
        per della maggior vita il desio.
        D itemi, luminari d'acquisita scienza,
        o professori di folgorante carriera,
        ditemi, dottori di sapiente esperienza,
        ch'io posso sopravvivere alla sorte nera.
        Non può, un figlio di puttana,
        macellarmi a suo piacimento
        e della mia carne, invero ancor sana,
        cibarsi e satollarsi a suo godimento.
        Crepa, ictus sordido e maledetto,
        che con me la tua lama s'è spezzata;
        ho vinto e la vita ho benedetto,
        da consumar mai così agognata.
        Certo non son quello di prima,
        e di alcuni l'eccesso schivo,
        ma come la luce vedo ogni mattina,
        mi sorprendo sussurrare allo specchio: io vivo.
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          Scritta da: Poetaadieta

          Copa

          Costante patriota è il mio avatar; un personaggio immaginario, un idealista.
          Di conseguenza, uno stupido; almeno nella misura in cui, al giorno d'oggi, può essere stupido un idealista.
          Copa è l'acronimo di costante patriota, ma, in dialetto bresciano, è anche una tremenda esortazione; vuol dire uccidi.
          Ebbene, sì; a volte, uccidere, è un bel gesto. Un gesto auspicabile e commendevole.

          Copa

          copa l'intolleranza verso il diverso, di razza, sesso, fede e religione;
          anche se di capirlo non c'è verso, il solo pensarlo è reato d'opinione.
          Copa la rabbia cieca e sorda, che muove al gesto insensato
          e, se ti sembra che la mano morda, prova a tagliartela, nell'immaginato.
          Copa la crudeltà verso gli animali, figli prediletti della natura;
          vittime di istinti e menti primordiali e di una ragione mai matura.
          Copa l'indifferenza verso i deboli e gli inermi, spesso occhi di speranza portatori;
          accogli le loro suppliche, senza chiedermi il plauso d'immeritati onori.
          Copa l'ipocrisia, sorella della falsità, del benevolo vigliacco sguardo,
          espressione di menzognera realtà. Tanto quanto il vile gioir beffardo.
          Copa la bramosia di raggiungere il successo, perdendo l'aura della dignità;
          nascosta nelle pieghe dell'insano processo, c'è spesso il tonfo dell'amara realtà.
          Copa la frenesia di accumulare ricchezza, dimentico di ogni sorta di pudore;
          nel quieto viver di modesta pochezza, c'è la disperata difesa del proprio onore.
          Copa l'arroganza del potente, nascosto nelle pieghe del sistema,
          all'altrui bisogno indifferente ed artefice di bieco teorema.
          Copa la mancanza di civiltà vera, immota nel cuore e mobile al progresso;
          è follia lucida e menzognera, portatrice di futuro recesso.
          Copa l'odio, di tutti i mali progenitore; carnefice fuoco mai domo,
          del cui valer spesso non c'è sentore, sino a che di colpe chiede perdono.
          Copa la ferocia dell'anima assatanata, spinta al gesto odioso ed esecrabile
          di gioire di donna violata ed umiliata, portatrice di ferita insanabile.
          Copa il dolore di comunità indifesa, vittima di catastrofico evento,
          portando ad essa la carità attesa di spegnere l'accorato lamento.
          Copa il lezzo dell'inquinata atmosfera, portando il tuo modesto contributo;
          fai felice il giorno ed adorabile la sera, di un viver sano e quanto mai piaciuto.
          Copa il degrado dell'ambiente, facendoti di soluzioni nuove portatore,
          accompagnando il prossimo tuo, sorridente, verso un domani certo migliore.
          Copa la cecità di una politica corrotta, incapace di ascoltare i cittadini;
          invoca un cambiamento di rotta, evocando nuovi paladini.
          Copa il mio arrendevole sconforto, possibile assassino d'ideali;
          fai che creda non sia un torto, il mio, sempre più stanco, battito d'ali.
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            Scritta da: Poetaadieta

            Afrika

            Il mio cuore è arido,
            assetato d'amore sconosciuto.

            La mia schiena è piegata, dolorante,
            sotto il peso della sofferenza.

            I miei occhi sono spenti, alla
            ricerca di una luce che non splenderà mai.

            Le mie mani sono tremolanti, vane,
            nel tentativo di stringere l'inafferrabile.

            Le mie labbra sono serrate, incapaci
            di emettere il lamento del dolore.

            Le mie narici sono dilatate, ferite,
            dal lezzo della tragedia odorata.

            Le mie gambe sono esili, impotenti,
            per proseguire nel cammino della vita.

            Odo solo il lacerante silenzio
            dell'annunciata morte.
            Composta domenica 30 novembre 2003
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