Poesie inserite da Violina Sirola

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Scritta da: Violina Sirola

Caina

Cade la neve
lentamente
ritorna primavera; alto il sole
arroventa l'aria
ricresce l'erba
cadono le foglie,
novembre torna grigio
il tempo si dissolve.

Un fiore in bocca
rosso mi consuma, mastico amaro. Un pensiero
antico mi arrovella schiodo il tarlo, lo chiudo
stretto in pugno
e gli sussurro: "A chi giova la vita
appesa al filo della morta
speranza"?
– La vita è dono! –

Se Dio comanda Cristo
rimase in croce
un solo giorno,
anch'io risorgerò vicino a Dio.

"Maddalena
sorella
assassina – insinua il tarlo –
non bere la cicuta, si tocchi Caina".
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    Scritta da: Violina Sirola

    Se rosso non si passa

    All'alba
    nell'orto degli ulivi il gallo
    "conta"
    centocinquanta
    gallina troppo vecchia
    niente uovo.

    In alto
    Resegone giù
    tre monti:
    Vesuvio Gran Sasso
    Aspromonte
    l'escort... i
    nomi
    "Caduti per la Patria"
    Mille in verde...
    se
    rosso
    non si passa!
    verde speranza
    di bandiera?
    è verde cotto - colore
    di fondi di bottiglia.
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      Scritta da: Violina Sirola

      Bruto minore

      Poi che divelta, nella tracia polve
      Giacque ruina immensa
      L'italica virtute, onde alle valli
      D'Esperia verde, e al tiberino lido,
      Il calpestio dè barbari cavalli
      Prepara il fato, e dalle selve ignude
      Cui l'Orsa algida preme,
      A spezzar le romane inclite mura
      Chiama i gotici brandi;
      Sudato, e molle di fraterno sangue,
      Bruto per l'atra notte in erma sede,
      Fermo già di morir, gl'inesorandi
      Numi e l'averno accusa,
      E di feroci note
      Invan la sonnolenta aura percote.

      Stolta virtù, le cave nebbie, i campi
      Dell'inquiete larve
      Son le tue scole, e ti si volge a tergo
      Il pentimento. A voi, marmorei numi,
      (Se numi avete in Flegetonte albergo
      O su le nubi) a voi ludibrio e scherno
      È la prole infelice
      A cui templi chiedeste, e frodolenta
      Legge al mortale insulta.
      Dunque tanto i celesti odii commove
      La terrena pietà? dunque degli empi
      Siedi, Giove, a tutela? e quando esulta
      Per l'aere il nembo, e quando
      Il tuon rapido spingi,
      Né giusti e pii la sacra fiamma stringi?

      Preme il destino invitto e la ferrata
      Necessità gl'infermi
      Schiavi di morte: e se a cessar non vale
      Gli oltraggi lor, dè necessarii danni
      Si consola il plebeo. Men duro è il male
      Che riparo non ha? dolor non sente
      Chi di speranza è nudo?
      Guerra mortale, eterna, o fato indegno,
      Teco il prode guerreggia,
      Di cedere inesperto; e la tiranna
      Tua destra, allor che vincitrice il grava,
      Indomito scrollando si pompeggia,
      Quando nell'alto lato
      L'amaro ferro intride,
      E maligno alle nere ombre sorride.

      Spiace agli Dei chi violento irrompe
      Nel Tartaro. Non fora
      Tanto valor né molli eterni petti.
      Forse i travagli nostri, e forse il cielo
      I casi acerbi e gl'infelici affetti
      Giocondo agli ozi suoi spettacol pose?
      Non fra sciagure e colpe,
      Ma libera né boschi e pura etade
      Natura a noi prescrisse,
      Reina un tempo e Diva. Or poi ch'a terra
      Sparse i regni beati empio costume,
      E il viver macro ad altre leggi addisse;
      Quando gl'infausti giorni
      Virile alma ricusa,
      Riede natura, e il non suo dardo accusa?

      Di colpa ignare e dè lor proprii danni
      Le fortunate belve
      Serena adduce al non previsto passo
      La tarda età. Ma se spezzar la fronte
      Né rudi tronchi, o da montano sasso
      Dare al vento precipiti le membra,
      Lor suadesse affanno;
      Al misero desio nulla contesa
      Legge arcana farebbe
      O tenebroso ingegno. A voi, fra quante
      Stirpi il cielo avvivò, soli fra tutte,
      Figli di Prometeo, la vita increbbe;
      A voi le morte ripe,
      Se il fato ignavo pende,
      Soli, o miseri, a voi Giove contende.

      E tu dal mar cui nostro sangue irriga,
      Candida luna, sorgi,
      E l'inquieta notte e la funesta
      All'ausonio valor campagna esplori.
      Cognati petti il vincitor calpesta,
      Fremono i poggi, dalle somme vette
      Roma antica ruina;
      Tu sì placida sei? Tu la nascente
      Lavinia prole, e gli anni
      Lieti vedesti, e i memorandi allori;
      E tu su l'alpe l'immutato raggio
      Tacita verserai quando né danni
      Del servo italo nome,
      Sotto barbaro piede
      Rintronerà quella solinga sede.

      Ecco tra nudi sassi o in verde ramo
      E la fera e l'augello,
      Del consueto obblio gravido il petto,
      L'alta ruina ignora e le mutate
      Sorti del mondo: e come prima il tetto
      Rosseggerà del villanello industre,
      Al mattutino canto
      Quel desterà le valli, e per le balze
      Quella l'inferma plebe
      Agiterà delle minori belve.
      Oh casi! oh gener vano! abbietta parte
      Siam delle cose; e non le tinte glebe,
      Non gli ululati spechi
      Turbò nostra sciagura,
      Né scolorò le stelle umana cura.

      Non io d'Olimpo o di Cocito i sordi
      Regi, o la terra indegna,
      E non la notte moribondo appello;
      Non te, dell'atra morte ultimo raggio,
      Conscia futura età. Sdegnoso avello
      Placàr singulti, ornàr parole e doni
      Di vil caterva? In peggio
      Precipitano i tempi; e mal s'affida
      A putridi nepoti
      L'onor d'egregie menti e la suprema
      Dè miseri vendetta. A me d'intorno
      Le penne il bruno augello avido roti;
      Prema la fera, e il nembo
      Tratti l'ignota spoglia;
      E l'aura il nome e la memoria accoglia.
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        Scritta da: Violina Sirola

        Testamento della nonna

        Cappuccetto Rosso, sono la nonna.
        Ho allacciato le "stringhe", posso comunicare.

        Qui il tempo ha la misura
        della luce, il silenzio è
        interrotto dalle voci
        come suoni, percuotono
        sui timpani, vibrano
        le "membrane". Piccola, la tua
        voce
        cristallina nel silenzio
        ha fantastici rinvii.
        Se mi chiami, "nonna
        nonnaaa, nooo" l'eco
        si riproduce
        negli abissi, si congiunge
        al rumore della Terra
        intermittente
        attraversa i buchi neri
        è silenzio.

        Ricorda, ho lasciato il mio
        bagaglio, le radici; le mie
        foglie - sempre verdi - nella luce.
        Tu, le mie radici
        i principi di vita:
        rispetta la semina, il raccolto.
        Ascolto
        è il battito
        impazzito del tuo
        cuore - elettrizza - Amore è poesia
        pulsano le "membrane".
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          Scritta da: Violina Sirola

          Farfalla

          Il tempo si misura con
          gli spilli, otto ore in fabbrica
          è denaro, la produzione
          stanca; a fine mese
          comprerò i semi
          la vanga per la terra, e
          aspetterò il raccolto, i frutti
          dell'orto, i papaveri
          rossi tra l'oro delle spighe
          è un ricordo lontano!
          Crisalide, farfalla sui fiori
          a primavera volerò alto. Privata
          d'orizzonti, mi resta poco
          tempo
          per attraversare il solco
          della terra.
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            Scritta da: Violina Sirola

            L'altro

            Ero nel guscio
            in braccio alla mia
            nonna, gli altri stavano
            fuori.
            Poi sono andata
            a scuola. La merenda mi sparì
            dal banco e, al mio
            compagno, addentai la guancia.
            Sono passati gli anni, i lunghi
            miei capelli
            vanno al vento, il seno è
            prosperoso, ho addosso mille
            sguardi. Se attraverso il bosco
            lo so, arriva il lupo.
            Sogno l'anarchia, dove il controllo
            è mio: si cliccano i bottoni
            del cervello
            si resetta il buio, si accende la luce, poi
            s'infrange la legge: ho fame, vado...
            al supermercato prendo la mela
            sottobanco
            incontro il mio compagno, il capitale
            è suo. Miracolo e stupore:
            mi rubò la merenda, ha fatto
            il portafoglio.
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              Scritta da: Violina Sirola

              Palla

              Il tempo a lungo
              annoia
              il gusto del proibito s'inchioda
              nel cervello. Sul nido della rondine
              un cuculo
              non tornerà a primavera.
              La serpe si sgroviglia
              sotto il sole
              i piccoli s'intrigano nel covo.
              Gira la terra; non cambia
              verso, trovarlo il punto
              fermo
              per la sterza!
              A destra, poi
              a manca, ecco si ferma
              - meraviglia - riparte il gioco
              è palla.
              Se giunge la sconfitta
              il riso è amaro - Fermati, o sole!
              si prolunghi il giorno.
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                Scritta da: Violina Sirola

                Concerto

                La musica
                nel vento porta la nostalgia, suoni
                di versi: il miagolio dei gatti
                sopra i tetti, il guaito di un cucciolo
                disperso. - Buon giorno -
                annuncia il gallo, l'usignolo
                legge
                sullo spartito della vita, canta
                il mio dramma.
                La musica mi avvolge, è
                nostalgia
                ho un groppo in gola
                piango, tiro su il naso.
                Ricordo: un filo d'erba in mano
                poggiato sulle labbra, è musica
                nel fiato; grido
                il mio concerto
                libero nel vento, chiusa
                tra queste mura.
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                  Scritta da: Violina Sirola

                  Elettrochoc n.5

                  Giallo fu l'urlo del silenzio
                  in una notte squarciata,
                  ricordo del giorno sfocato
                  tenacemente incollato a un volto
                  disorientato.
                  Deliquio di parole
                  nella bocca ristagna
                  - un crepitar di foglie molestate -
                  giallo autunno inoltrato
                  eterna cifratura di dolore,
                  insistente carezza spinata
                  intorno al mio cervello
                  devastato, giallo pallore
                  resto di copertina patinata
                  di invisibili lacrime rigato,
                  giallo itterizia l'occhio della morte
                  quando sceglie un cadavere essiccato
                  per farne polvere incontaminata.
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