Poesie inserite da Filippo Armaioli

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Scritta da: Filippo Armaioli

La ragazza di Milano

Nell'Amore m'hai come dipinto, pur non conoscendomi,
tuo malgrado, soltanto col guardarti mentre ti guardavo
amando quel viso
rimpiangendo il tempo in cui non ero con te.

Bella come la luna, la notte e il giorno,
bella come il sole, la notte e il giorno,
profumata d'Amore,
strepitoso angelo pieno di Bellezza,
stupendo, unico.

Gli occhi cerchiati di nero, per un vezzo cosmetico,
o, piccola Cleopatra ribelle!
Che begli occhi, se pure li hai tristi o stanchi,
guardi il mondo come se non fosse tuo:
ma lo meriti, ci sei nata, vivi qui!

Forse sarà mica che non lo vuoi? O hai ferite
dentro di cui non potrò mai sapere?
Vorrei piangendo lavarti
per farti tornare vergine felice
nuovamente

Vorrei tu sapessi che nell'Amore
d'amore ho pianto, per il senso di impotenza
di non poter impedire che tu abbia pianto,
fortemente o sommessa, per i tuoi altri amori.
Composta martedì 7 agosto 2012
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    Scritta da: Filippo Armaioli

    La tristezza del vecchio giardiniere

    Portava regali ai bambini, era testimone vivo,
    soffriva della competizione
    tra chi veste bene, e chi peggio...

    Mi pagava il caffè quando cercavo il calore
    della bevanda, e la serva veniva mesceva,
    di modo che chinandosi gioivo, e le nostre
    buscherate le rimpiansi, quando presto ebbero fine.

    L'ho curato, nel giardino che potava
    Era sordo per il fischio dei suoi sogni acuti

    Continua da mille anni, così bello smisurato,
    il Sole, che coi suoi raggi non t'inganna.

    Le memorie del tuo salotto,
    l'odore dell'oasi,
    sacri colori,
    nell'ansia attendeva l'assenza dei vivi.
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      Scritta da: Filippo Armaioli

      Oggi l'ultimo dei buoni giorni

      Poi tu vidi infine ascoltasti
      – quasi toccasti con mano –
      che non era suono ma oddio
      un grido! Non grido ma strazio,
      anzi strepito – forse un urlo... -
      certo voce di dolore grande:
      dov'è finito un marito che non torna?

      (E questo successe, ma chi può ricordare, chi può?
      Già è stato, non una volta, tutto ciò che sarà
      ad altri è stato forse, quando chissà: ricorda bene...)

      È venuto l'Abacista, con un libretto pien di note,
      sue segrete, il "Mago" Oliviero, voleva saper
      tutto, dice ch'ha preso il mondo, così berciava il barbone Thomas

      E le vie son pregne d'alcol, striate d'assenzio,
      e Giulio Rossi - non so se già sapete - non c'è più,
      lui che nella vita – dov'è? Dove... - era astrofisico

      (Lo piange la moglie Elide – da quanto? Da quanto sa? –
      più che non possa occhio di uomo,
      com'avesse perso le gambe o i piedi – la testa pure... - )

      Aveva scoperto – riteneva e diceva –
      come nata fu la Terra e l'Universo tutto
      e affrontando galileiano destino, oltre a
      nife, sial e sima aveva notato sei punti
      in cui la Terra dentro esplodeva fuori – sei? –

      Voleva davvero saper bene di più
      come se tornar potesse tanto dietro
      nel tempo più che gli altri

      Disse acqua, terra, fuoco e cielo sì,
      ma altro dev'essere stato perché
      dal nulla si fece aria, luce, fuoco e pianeta.

      Il grigio suono pareva aver tolto così
      ai rumori del mondo quel tam-tam
      - che sarà stato? - che romanticamente
      perfetto rendeva tutto: non tornò più
      Rossi, l'astrofisico scomparso, e che sapeva,
      e non si sa ora se apprestare lo svedese premio
      per quest'uomo non come tutti, o la nostrana tomba.

      Ecco, tu lassù, il Sole... Vedici sempre nudi e vergini,
      oppure sta, arresta il tuo moto, affonda i raggi
      nelle ombre, dove non è più né questo,
      né tutto, qui, né dove più ancora,
      né il Nulla, dove non si sa come sia, che tutto sia,
      se pure che fosse non era ogni cosa.
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        Scritta da: Filippo Armaioli

        La verità delle camelie

        Si vendevano di nascosto piume di uccelli
        il tempo era rubato per scrivere lettere,
        l'impossibile alchimia, mentre nascondevi i sentimenti
        mormorando d'esser tradita, eppure, remota,
        una notte di luna piena, il bel canto della propria carne,
        quando arrivan segrete risposte a svelare
        che il domani è immaginabile
        come un premio al desiderio, bello, inaspettato.

        Come un senso di colpa, una sera,
        dopo aver per molto tempo eluso la verità,
        prende come una nostalgia d'aver avuto libertà di giudizio,
        si sopisce l'elegante familiarità immaginando
        che le sue labbra fossero pure.

        Per caso, son queste le occasioni rare,
        in qualsiasi parte, ovunque, ci son ragazze
        d'ogni estrazione sociale, che si emancipano,
        febbrilmente, nell'ultimo anno dei fuochi pirotecnici.
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          Scritta da: Filippo Armaioli

          Cronaca di un momento propizio

          Stridio della poetessa nella notte
          rumore di passi di estraneo,
          un colpo soffocato
          luce di luna, passi sordi nel buio,
          col marito, che s'è fatto assassino.

          Ode alla luna lugubre... e lei poveretta che piangeva
          per aver rubato la cellulosa della carta
          agli alberi della natura - un'ingenua... -

          Ricordo il tuo saluto
          quando non abbiamo fatto più l'amore,
          le vedove impomatate
          facevano mesta fila alla processione,
          e nelle mie futili galanterie
          tu non vedevi che Sole e libertà.

          Ahi! Qual cocente sole entro gli occhi
          vedevi ancora nelle notti di luna e di magia,
          il ricordo delle tue gardenie in vaso, e la pioggia,
          rude, avvertendo le conseguenze al coricarsi
          delle stregonerie benevoli, il mio modesto fare.
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