Poesie inserite da Davide Bidin

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Scritta da: Davide Bidin

Matrimonio

Devo sposarmi? Devo essere buono?
Far colpo vestito di velluto e cappuccio da Faust sulla ragazza che abita
accanto?
Portarla al cimitero invece che al cinema
dirle tutto sui lupi mannari vasche da bagno e clarinetti biforcuti
poi desiderarla e baciarla e tutti i preliminari
e lei che arriva solo fino a un certo punto e io capisco perché
e non mi arrabbio dicendo Devi sentire! È bello sentire!
Invece la prendo fra le braccia mi appoggio a una vecchia tomba contora
e corteggio lei la notte intera le costellazioni nel cielo -

Quando mi presenta i suoi genitori
schiena diritta, capelli finalmente ravvivati,
strangolato da una cravatta,
devo sedere a ginocchia unite sul loro sofà da 3° grado
e non domandare Dov'è il bagno?
Come sentirmi se non come sono,
pensando spesso al sapone Flash Gordon -
O come deve essere orribile per un giovanotto
seduto davanti a una famiglia e la famiglia che pensa
Non l'abbiamo mai visto! Vuole la nostra Mary Lou!
Dopo il tè e i dolci fatti in casa mi chiedono Come ti guadagni la vita?
Devo dirglierlo? Gli sarei simpatico dopo?
Direbbero Va bene sposatevi, perdiamo una figlia
ma guadagnamo un figlio -
E devo domandare allora Dov'è il bagno?

Dio, e il matrimonio! Tutta la famiglia e i suoi amici
e sol un pugno dei miei, tutti scrocconi e barbuti
che aspettano soltanto cibi e bevande -
E il prete! Mi guarda quasi mi masturbassi
nel chiedermi Vuoi questa donna come tua leggittima sposa?
E io tremante che dire direi Torta Colla!
Bacio la sposa tutti quegli arrapati giù manate sulla schiena
È tutta tua, ragazzo! Ah-ah-ah!
E nei loro occhi si vede qualche oscena luna di miele in atto -
Poi tutto quell'assurdo riso e lattine che sbattono e scarpe
Cascate del Niagara! Orde di noi! Mariti! Mogli! Cioccolatini!
Tutti che affollano alberghi accoglienti
Tutti a fare la stessa cosa stanotte
L'impiegato indifferente che sa cosa sta per succedere
Gli idioti nella hall che lo sanno
Il fattorino dell'ascensore che lo sa fischiettando
Il portiere ammiccante che lo sa
Tutti lo sanno! Mi vien quasi voglia di non far niente!
Stare alzato tutta la notte! Fissare negli occhi quell'impiegato d'albergo!
Gridando: Io nego la luna di miele! Io nego la luna di miele!
correndo aggressivo in quegli appartamenti quasi eccitati
urlando Pancia Radio! Zappa gatto!
Oh vivrei a Niagara per sempre! in una buia
caverna sotto le Cascate mi siederei il pazzo
Lunatoredimiele
e escogitar modi per rompere matrimoni,
fustigatore di bigamia santo del divorzio -

Ma devo sposarmi essere buono
Che bello sarebbe tornare a casa da lei
e sedermi vicino al fuoco mentre lei in cucina
col grembiule giovane e bella vuole un mio figlio
e così felice per me da far bruciare il roast-beef
e viene a piangere da me e io mi alzo dalla grande sedia di padre
e dico Denti Natale! Cervelli radiosi! Mela sorda!
Dio che marito sarei! Si, devo sposarmi!
Tanto da fare! Per esempio entrare in casa di Mr. Jones a tarda notte e
coprirgli le mazze da golf di libri norvegesi
1920
O appendere una foto di Rimbaud alla falciatrice
o incollare francobolli di Tannu Tuva su tutto lo steccato di cinta
o quando viene la Signora Kindhead per la colletta del Fondo della Comunità
afferrarla e dirle. Ci sono presagi sinistri nel cielo!
E quando il sindaco viene a chiedermi il voto dirgli
Quando li farai smettere di uccider balene!
E quando viene il lattaio lasciargli un appunto nella bottiglia
Polvere di pinguino, portami polvere di pinguino, voglio polvere di
pinguino -

Eppure se dovessi sposarmi e fosse il Connecticut e la neve
e lei partorisse un bambino e io non potessi dormire, esausto,
in piedi la notte, il capo su una muta finestra, il passato alle spalle,
trovadomi tremante nella situazione più solita
consapevole di responsabilità non rametto sporco ne minestra di moneta
Romana
O cosa sarebbe!
Certo gli darei per capezzolo un Tacito di gomma
Per sonaglio un sacco di dischi rotti di Bach
Attaccherei Della Francesca intorno alla culla
Cucirei l'alfabeto greco sul suo bavaglino
E per il suo passeggero costruirei un Partenone senza tetto

No, non credo che sarei quel tipo di padre
niente campagna niente neve muta finestra
ma rovente puzzolente isterica New York City
sette piani di scale, scarafaggi e topi sui muri
una grassa moglie reichina che strilla da sulle
patate Trovati un posto!
E cinque bambini mocciosi innamorati di Batman
E i vicini sdentati e forforosi
come quelle masse stracciate del 18° secolo
tutti che vogliono entrare a guardare la TV
Il padrone vuole l'affitto
Drogheria Gas Blue Cross & Electric Knights of Columbus
Impossibile sdraiarsi a sognare neve del Telefono, parcheggio fantasma -
No! Non devo sposarmi non devo sposarmi mai!
Ma - e Se fossi sposato a una bella donna sofisticata
alta e pallida in un vestito nero elegante e lunghi guanti neri
con un bocchino in una mano e un bicchiere nell'altra
e vivessimo in una penthouse con un'enorme finestra
da cui vedere tutta New York e anche olre nelle giornate serene
No, non riesco a immaginarmi sposato a quel piacevole sogno progione -

Ma e l'amore? Dimentico l'amore
non che sia incapace di amore
è solo che l'amore per me è strano come portare scarpe -
non ho mai voluto sposare una ragazza che
somigliasse a mia madre
E Ingrid Bergman mi è sempre stata impossibile
E forse adesso c'è una ragazza ma è già sposata
E non mi piacciono gli uomini e...
ma ci deve essere qualcuno!
Perché se a 60 anni non sono sposato,
tutto solo in una camera ammobiliata con macchie di piscio nelle mutande
e tutti gli altri sposati! Tutto l'universo sposato all'infuori di me!
Ah, eppure so bene che se ci fosse una donna possibile come sono io possibile
allora il matrimonio sarebbe possibile -
Come LEI nel suo solitario fasto esotico aspetta l'amante egiziano
così aspetto io - privo di 2000 anni e del bagno della vita.
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    Scritta da: Davide Bidin

    L'Assolto

    Allor che i miei buoni fratelli m'avevan due volte sepolto,
    disse una voce: (io non so come e dove)
    "Assolto. Mancanza assoluta di prove".
    Si apersero tutte le porte, si apersero tutti i cancelli.
    "Assolto!" Io sono "l'assolto" miei cari signori, e ora che sono fuori guardatemi bene in viso: ho ucciso?
    "Assolto!"
    È la mia professione, che intendo bene di sfruttare dal suo lato migliore.
    "Assolto!"
    Appena uscito mi accorsi subito qual era il miglior partito.
    Fuggire? Nascondersi agli occhi della gente? Macché!
    Sottrarsi alla sconcezza del dubbio ch'io rivesto? Macché!
    Rivestirlo dignitosamente o con disinvoltura? Macché! Niente, niente!
    Esibirsi, senza misura, generosamente.
    Gli è perciò ch'io frequento le strade, il passeggio, i teatri, il caffè, come ogn'altr'uom non assolto: certe volte mi diverto poco... certe altre molto... né più né meno di lui o di te.
    Si sa che color che incontrandomi intrecciavan col mio bei sorrisi, vedeste ora che visi...
    che visi mi fanno!
    E che voci sorprendo dai crocchi! Vedeste che occhi!
    - Un innocente si scolpa.
    - E un farabutto lo stesso.
    - Ha taciuto, ecco tutto.
    - Ha taciuto come un innocente.
    - Ha taciuto come un farabutto!
    - E gli errori?
    - Questi sono gli errori, i delinquenti sono tutti fuori!
    Entro per tempo in teatro, prendo possesso della mia poltrona con molto sussiego.
    Mi volgo, mi chino, mi spiego; mi lascio ammirar giro giro con aria da Dio.
    E se certi visi si spostano resta inflessibile il mio.
    Per i primi venti minuti lo spettacolo lo do io. "Bella che stai puntandomi attraverso la lente dell'occhialino, dimmi, mio bel musino, mi desideri innocente, o mi desideri assassino?"
    Un signore là indietro, dai posti distinti, macina lesto fra i denti: "sul trono, sul trono i briganti!"
    E un altro: "guardate che ghigna stasera, facciaccia da galera!"
    Quando s'alza il sipario divento anch'io un umile spettatore, come lui, negli antratti ritorno un poco attore, eppoi ancora spettatore come te, come tutti gli altri.
    E se dopo all'uscita qualcuno mi aspetta, io esco pian pianino senza nessuna fretta.
    Poi vado al caffè. Finché c'è gente sveglia nella città resto a sua disposizione, nessuno dev'essere defraudato nella legittima curiosità, sono un galantuomo nella mia professione.
    E non crediate ch'io sia tardivo ad escir fuori al mattino, macché! bisogna pensare che il mattiniero ha gli stessi diritti del nottambulo cittadino.
    "Assolto!" Può sembrar poco... e può sembrar di molto.
    Guardatemi bene in viso: ho ucciso?
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      Scritta da: Davide Bidin

      I Fiori

      Non so perché quella sera,
      fossero i troppi profumi del banchetto...
      irrequietezza della primavera...
      un'indefinita pesantezza
      mi gravava sul petto,
      un vuoto infinito mi sentivo nel cuore...
      ero stanco, avvilito, di malumore.
      Non so perché, io non avea mangiato,
      e pure sentendomi sazio come un re
      digiuno ero come un mendico,
      chi sa perché?
      Non avvevo preso parte
      alle allegre risate,
      ai parlar consueti
      degli amici gai o lieti,
      tutto m'era sembrato sconcio,
      tutto m'era parso osceno,
      non per un senso vano di moralità,
      che in me non c'è,
      e nessuno s'era curato di me,
      chi sa...
      O la sconcezza era in me...
      o c'era l'ultimo avanzo della purità.
      M'era, chi sa perché,
      sembrata quella sera
      terribilmente pesa
      la gamba
      che la buona vicina di destra
      teneva sulla mia
      fino dalla minestra.
      E in fondo...
      non era che una vecchia usanza,
      vecchia quanto il mondo.
      La vicina di sinistra,
      chi sa perché,
      non mi aveva assestato che un colpetto
      alla fine del pranzo, al caffè;
      e ficcatomi in bocca mezzo confetto
      s'era voltata in là,
      quasi volendo dire:
      "ah!, ci sei anche te".

      Quando tutti si furno alzati,
      e si furono sparpagliati
      negli angoli, pei vani delle finestre,
      sui divani
      di qualche romito salottino,
      io, non visto, scivolai nel giardino
      per prendere un po' d'aria.
      E subito mi parve d'essere liberato,
      la freschezza dell'aria
      irruppe nel mio petto
      risolutamente,
      e il mio petto si sentì sollevato
      dalla vaga e ignota pena
      dopo i molti profumi della cena.
      Bella sera luminosa!
      Fresca, di primavera.
      Pura e serena.
      Milioni di stelle
      sembravano sorridere amorose
      dal firmamento
      quasi un'immane cupola d'argento.
      Come mi sentivo contento!
      Ampie, robuste piante
      dall'ombre generose,
      sotto voi passeggiare,
      sotto la vostra sana protezione
      obliare,
      ritrovare i nostri pensieri più cari,
      sognare casti ideali,
      sperare, sperare,
      dimenticare tutti i mali del mondo,
      degli uomini,
      peccati e debolezze, miserie, viltà,
      tutte le nefandezze;
      tra voi fiori sorridere,
      tra i vostri profumi soavi,
      angelica carezza di frescura,
      esseri pura della natura.
      Oh! com'è bello
      sentirsi libero cittadino
      solo,
      nel cuore di un giardino.
      -Zz... Zz
      -Che c'è?
      -Zz... Zz...
      -Chi è?
      M'avvicinai donde veniva il segnale,
      all'angolo del viale
      una rosa voluminosa
      si spampanava sulle spalle
      in maniera scandalosa il décolletè.
      -Non dico mica a te.
      Fo cenno a quel gruppo di bocciuoli
      che son sulla spalliera,
      ma non vale la pena.
      Magri affari stasera,
      questi bravi figliuoli
      non sono in vena.
      -Ma tu chi sei? Che fai?
      -Bella, sono una rosa,
      non m'hai ancora veduta?
      Sono una rosa e faccio la prostituta.
      -Te?
      -Io, sì, che male c'è?
      -Una rosa!
      -Una rosa, perché?
      All'angolo del viale
      aspetto per guadagnarmi il pane,
      fo qualcosa di male?
      -Oh!
      -Che diavolo ti piglia?
      Credi che sien migliori,
      i fiori,
      in seno alla famiglia?
      Voltati, dietro a te,
      lo vedi quel cespuglio
      di quattro personcine,
      due grandi e due bambine?
      Due rose e due bocciuoli?
      Sono il padre, la madre, coi figlioli.
      Se la intendono... e bene,
      tra fratello e sorella,
      il padre se la fa colla figliola,
      la madre col figliolo...
      Che cara famigliola!
      È ancor miglior partito
      farsi pagar l'amore
      a ore,
      che farsi maltrattare
      da un porco di marito.
      Quell'oca dell'ortensia,
      senza nessun costrutto,
      fa sì finir tutto
      da quel coglione del girasole.
      Vedi quei due garofani
      al canto della strada?
      Come sono eleganti!
      Campano alle spalle delle loro amanti
      che fanno la puttana
      come me.
      -Oh! Oh!
      - Oh! ciel che casi strani,
      due garofani ruffiani.
      E lo vedi quel giglio,
      lì, al ceppo di quel tiglio?
      Che arietta ingenua e casta!
      Ah! Ah! Lo vedi? È un pederasta.
      -No! No! Non più! Basta
      -Mio caro, e ci posso far qualcosa
      io,
      se il giglio è pederasta,
      se puttana è la rosa?
      -Anche voi!
      -Che maraviglia!
      Lesbica è la vaniglia.
      E il narciso, quello specchio di candore,
      si masturba quando è in petto alle signore.
      -Anche voi!
      Candidi, azzurri, rosei,
      vellutati, profumati fiori...
      -E la violaciocca,
      fa certi lavoretti con la bocca...
      -Nell'ora sì fugace che v'è data...
      -E la medesima violetta,
      beghina d'ogni fiore?
      fa lunghe processioni di devozione
      al Signore,
      poi... all'ombra dell'erbetta,
      vedessi cosa mostra al ciclamino...
      povero lilli,
      è la più gran vergogna
      corrompere un bambino
      -misero pasto delle passioni.
      Levai la testa al cielo
      per trovare un respiro,
      mi sembrò dalle stelle pungermi
      malefici bisbigli,
      e il firmamento mi cadesse addosso
      come coltre di spilli.
      Prono mi gettai sulla terra
      bussando con tutto il corpo affranto:
      -Basta! Basta!
      Ho paura.
      Dio,
      abbi pietà dell'ultimo tuo figlio.
      Aprimi un nascondiglio
      fuori della natura!
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        Scritta da: Davide Bidin

        Tu, non vuoi leggere questa poesia!

        Non vuoi leggere questa poesia!
        dì la verità
        leggere libri, poesie e racconti è difficile
        preferisci un bel film una canzone da quattro soldi
        o meglio ancora un aforisma.
        Perché estrapolare concetti assurdi
        quando puoi accontentarti di
        una supposta di saccenteria?
        Perché, perdere ore ed ore
        concependo cosa pensa un'altro individuo
        quando puoi ingrassare il tuo ego
        in pochi secondi?
        Smagrisci la tua coscienza
        non ne hai bisogno
        elimina il tuo criticismo
        avrai più amici
        cancella ogni analisi
        vivrai sereno
        com'è serena la vita di un quarzo non ancora
        liberato
        dai residui dei tempi passati
        Non vuoi leggere questa poesia?
        Vaffanculo.
        Composta mercoledì 25 maggio 2011
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          Scritta da: Davide Bidin

          Loano in una Sera d'Aprile

          Opaca stazione dei treni
          quanto tempo passato quaggiù
          rumore di ganci e di stretti
          tortura di fibra morale
          veder le persone partire
          e poi rivederle arrivare
          mentre sole nel vento disperdi
          sentimenti che io ho sognato
          e che tutt'oggi giocano ancora
          con la memoria
          di un bimbo cieco
          che il tempo ha passato tutt'ora
          a cercare un vivere lieto
          ad apprezzare un abbraccio, un saluto
          un caffè, un dolce sorriso.
          il bacio affettuoso
          e una camminata poi
          verso il mare
          mentre la pace a stento trattieni
          ed è ancora quel ghigno falsato
          nell'attesa e nella venuta
          che infine l'uomo ha creato
          in questa fragile vita
          scoprire un amico arrivare
          sentire il calore del ghiaccio
          un peso, poi, sopportare
          quando il bruciore si disfa d'un tratto
          quindi rivedere passare
          quella carrozza tanto desiderata
          eppure adesso esecrare
          quel rapimento
          immutevole e muto
          che ti ha fatto accettare
          il dubbio di essere solo
          il treno deruba e regala
          principio di gloria e ragione
          di una mezz'ora
          che può essere disperazione
          o tensione.
          Composta sabato 14 maggio 2011
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            Scritta da: Davide Bidin

            Sentendo Una vita inutile

            "Sei nato già vecchio"
            così mi han detto
            mentre ascoltavo
            un disco di Tenco
            non credere a quel
            luogo comune
            rispondi con le rime
            i veri vecchi si riconoscono
            in bare di vita
            piramidi di nullità
            in una tempesta di sabbia
            io son giovane
            ho solo imparato troppo
            per capire quanto poco fosse
            scoperto molto
            per comprendere quanto c'è da scoprire
            e avvertire che non bisogna credere
            in niente
            su cui non si possa scherzare
            ai vecchi occorre la ragione
            per motivare gli anni passati invano
            e solo per i rimorsi sopportati
            credono d'aver un'esperienza
            ch'è polvere
            se un giorno ti diranno
            "sei nato già vecchio"
            mentre senti
            un disco di Tenco
            ricordagli
            che non sei nato così
            son gli anni che hai ben sfruttato
            a farti maturare
            e che i giovani suicidi insegnan
            più dei vecchi immarciti
            in un luogo comune.
            Composta sabato 26 marzo 2011
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              Scritta da: Davide Bidin

              Hymn

              E quando mi hai mostrato il Ponte Di Brooklyn
              Al mattino,
              Ah, Dio,
              E la gente che scivolava sul ghiaccio per strada,
              due volte,
              due volte,
              due persone diverse
              sopraggiunsero, andavano a lavorare,
              Così serie e volenterose,
              Col loro penoso Daily News
              In pugno
              Scivolarono sul ghiaccio & caddero
              Entrambe nel giro di 5 minuti
              E io scoppiai in un dirotto pianto
              Fu allora che m'insegnasti a piangere, Ah
              Dio, Quel mattino,
              Ah, Tu
              Con me appoggiato al lampione ad asciugarmi
              Gli occhi,
              gli occhi,
              nessuno sapeva che avevo pianto
              e poi che gliene fregava
              ma Oh ho visto mio padre
              e la madre di mio nonno
              e le lunghe file di sedie
              e gli astanti che piangevano e il morto,
              Ahimè, sapevo che Tu Iddio
              Avevi dei piani migliori di quello
              Così qualsiasi sia il tuo piano per me
              Spaccatore di maestà
              Fa che sia un lampo
              Una folgore
              Fa che sia uno schioccar di dita
              Riportami a casa dalla Madre Eterna
              Oggi stesso
              Sempre a tua disposizione
              (e fino a quel dì)
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                Scritta da: Davide Bidin

                Blues

                Parte delle stelle mattutine
                La luna e la posta
                L'insaziabile X, il dolore delirante,
                - la luna Sittle La
                Pottle, teh, teh, teh, -
                I poeti in vecchie stanze gufose
                che scrivono curvi parole
                sanno che le parole furono inventate
                perché il nulla era nulla
                Usando le parole, usate le parole,
                le X e gli spazi vuoti
                E la pagina bianca dell'Imperatore
                E l'ultimo dei Tori
                Prima che la primavera si metta in moto
                Sono una montagna di nulla
                di cui volenti o nolenti disponiamo
                Così di notte contratteremo
                nel mercato delle parole.
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                  Scritta da: Davide Bidin

                  Poesia

                  Il jazz s'è suicidato
                  Fate che la poesia non faccia la stessa fine
                  Non temiate
                  l'aria fredda della notte
                  Non date retta alle istituzioni
                  quando trasformate i manoscritti in
                  arenaria
                  non inchinatevi né fate a cazzotti
                  per i pionieri di Edith Wharton
                  o per la prosa alla nebraska di ursula major
                  no, statevene nel vostro giardinetto
                  & ridete, suonate
                  il trombone di mollica
                  & se poi qualcuno vi regala perline
                  ebree, marocchine, o vattelappesca,
                  addormentatevi con quella collana al collo
                  È probabile che facciate sogni più belli
                  La pioggia non c'è
                  non ci sono più me
                  te lo dico io, ragazzo,
                  affidabile come la merda.
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