E questo risvegliarsi è un maledire – l'anima dello sguardo defluisce via, risacca, dalla costa dell'intimo – ebbe paura, gridò nel silenzio il tutto buio – finì per volerlo assuefatto, all'esterno, nella Notte – cosa congiura con il suo respiro con le sue dita, con il balbettio, alzò il capo, fece sì che vi fosse il ritorno del volto, congedò dallo sguardo celeste la sua nuca – il primo sonno per chi non può altro se non scendere giù e fargli toccare il fondo del pozzo in ogni asfalto – e in fila e folla, fiamme, quei lampioni – e l'insonne passante ch'è un dannato – le stelle, una minaccia della luce – oltre il suo ciglio, la pupilla ha al centro il sogno della lacrima nel lutto – un apice che discende obliandosi con dolcezza ormai estranea col riflesso – torce puntate su di te che aspiri animale notturno a compier crimini che tu stesso per primo non conosci.
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