Mi diletta l'intenzionale negligenza la solerte amnesia della cura di me
Più dell'usanza di lusingar se stessi mi par vezzo da Narciso languire al bocciolo maculato del dimenticarsi
l'abbracciare il doppione compatito il tristo mendicante di questue mai raccolte, d'oboli rimessi ai generosi
All'umana pietà chiedo peraltro che faccia come voglio: darmi niente e afferrare quel ch'è mio, ch'io possa urlare ai quattro venti quanto ostile m'è la vita e cattiva l'indole funesta
Così mi compiango e ne ho delizia e posso dir poeta di quell'altra che derido beffarda come se non fossi
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