Poi che come pungente spira il dolore rampicante si attorciglia con le sue fitte chiome di pianto, bisogna pure che di me stesso mi riappropri, che a picco coli l'agguerrito vascello di tristezze che corsaro scorribanda lungo sguarnite coste di speranze che la ciurma di malinconia, che mi assalta, arretri oltre la frontiera del cuore che smantelli gli avamposti da cui dietro spinosi arbusti, trattenendo il respiro, udii trasportate dal vento le tristezze della mia vita. La pena di essere che viva sento e soffro come aratro va viene torna scava solchi profondi, il vomere affonda tra le radici e le arse zolle del cuore né il corpo lascia senza memoria! Nei suoi solchi ho visto il mio sangue tremebondo nutrire chiazze di gramigna immissario fluire in pozze di melmosi giorni! Domani o altro giorno che sia, bisogna pure che la luce di una nuova alba a cangiare venga i foschi colori della pena d'essere, che un riflesso di cristalli pure ritorni a illuminare un volto impallidito con un gorgoglio di fiamme.
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