Scritta da: Sandro Spallino

La dea

Vieni femmina o dea
dai luminosi scurissimi
capelli trame del mio
zelo, occhi sorridenti
di luce nera
intrigo di una tenebra,
o maga foresta
bagnata e la
terra dove come la
rondine io sfiorandoti col
petto ancora in volo
trovai il mio cibo, sussurrai parole
di senso diverso,
gridandoti di starmi vicina
con i nervi sfasciati
e l'amore troppo
forte per le mandibole
bloccate, sotto sopra e dappertutto tu,
tenda di velluto,
un raggio caduto su
un papavero, metà sull'acqua,
follia, inciampo in una risata,
tu dietro passo dopo passo
verso me sicura giungi
passandomi per l'anima, aprendomi
la paura, vai incendiaria
vittoriosa e già lontana.
Sei l'estate e i frutti
caldi di essa, sui tuoi
rami sosto e coccinelle sulle
tue mani si posano, verde, giallo e il colore,
ho chiesto al mondo
e ballato con l'universo a ritmo
di jazz, ho urlato di darmi te,
pietre, allodole, alberi,
in tutto girando ti ho vista
baciandoti le palpebre, giocando
col tuo stranissimo anello, luce
della sera, spavento,
il nome ho scritto
sulla nuda roccia del
falco e lì oggi dimoro, nome della rosa,
labbra brucianti
come l'assenzio tu sei ignara
ma io ti assaporo
nella battaglia e nel crogiuolo
t'invoco, profezia
e versi, liquida immagine di uno specchio,
vengo dal futuro, nella tua
anima me ho lasciato vagabondo,
odore, fuoco.

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