Sull'imberbe biancore delle tue gambe scivola la mia passione repressa e disegnami lo sguardo funesto come quello di un ladro legato davanti al florido bottino.
Sei tu la mia lavandaia che con mani vellutate lava la mia malinconia. Sei tu la mia Regina che con fare prepotente il mio cuore comanda. Sei tu il mio ruscello la cui fresca acqua la mia aridità disseta. Sei tu il mio traghetto che mi guida ineluttabile nel burbero mare dell'amore.
È il tuo angelico abbraccio la tanto cercata mia felicità che mai toccherò né vivrò.
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