Scritta da: Andrea De Candia
Posso vedere il biondo della pelle,
la spiga sacra d'un corpo innalzato
ad aguzzarsi e divenire punta
che tenta di trafiggere la cupola
che come l'acqua innalza per proteggersi, inconscia che lassù non le riguarda
l'onda serena tranne quando spuma
in una nube dannata in eterno
a farsi trascinare anche da scheletro
verso l'assenza che tange di riva,
verso persino quella tomba nuda
che vuole almeno sia sabbia di luce,
sembra amore votato a consacrarsi
alle divinità celesti e verdi,
agli sfondi lontani dalla carne,
sembra affermare la sua castità,
amando sé ed amando l'invisibile.
Ma l'amore è iniziare ad oscurarsi
attratti dalle labbra come cuori
e cuspidi che portano a vedere
la morte nella sua nera visione,
è perdersi nell'altro ed affondarvi,
dimenticarsi e approfondire l'altro,
affinché l'altro sé stesso dimentichi,
è la morte che prende padronanza,
è il suo trionfo e noi i suoi prigionieri.

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