I Io falegname d’acqua, le mie lacrime sono le croci che vorrei piantare al Golgota dei sogni, ché finisca questo Calvario, inutile vagare col passo dello sguardo che non poggia a nessun suolo terreo - e vi permanga! -, ma tocca appena solo l’altra palpebra, come la terra quando cadde Cristo sentì la trafittura delle spine di ciglia penetranti farsi estranee… Io vinco ché rimane un’utopia!
II No, non avere ciglia, avere spine, sentirle solo quando nel contatto s’incontrano le palpebre, i Romani che poggiano sull’altro capo (Cristo!) la corona, e vi sgocciola del sangue, ma rimane martirio, anche se l’anima vuole apparire pura con le lacrime che porta nel suo tempo a suoli d’aria!
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