Ho visto la mia ombra cader, rialzarsi, come dal suo nulla ed annegare nera in alto nuoto sopra le ferme acque di materia. Ho visto, fuori, l'eco del mio male insanguinare a morte quei colori, diverse distensioni d'un mattino a poco a poco spente dal mio fiato. Ho superato il basso del guardare e l'ho portato all'aria della notte, e poi l'ho sollevato sulla luna: cadevan le pareti all'avanzare del corpo morto vivo del mio passo, la notte, indietreggiando, si sfaldava, s'approfondiva il foro all'affondare. Ma pietra impenetrabile, la Luna, era l'ultimo petalo di scheletro che non precipitava, lontananza d'un fior di luce... appassito in mare. La notte mi sembrò consolatoria: "l'oscurità più scura è la più chiara!" mentre la luna mi sembrò più schietta: "l'oscurità più chiara è la più scura!" dissero entrambe da soliste in coro.
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