Poco ha a che fare con gli esseri umani l'aridità della luna. Eppure è lì che fiorisce la verbena del cuore dalle rovine della luce, il giallo pozzo a carrucola dal fuoco lontano. Per giorni e giorni ho corso nella neve, non mi sono riscaldata e nessuno ha mantenuto la parola quando la mia si è infranta sul passo e sul rossore iracondo del cielo. Quando il silenzio ha mutato il mio piede in pietra. Neve, dunque, neve e carne in cui nessun canto soffia la vita, che porterebbe me all'aridità della luna oppure – anche questo -, che potrebbe essere redenta dai coltelli, come ultima consolazione. Ero leggera come un uccello con le penne d'oro, un segno nel vento serale e avvolta nello stupore del bambino. La mia bocca è passata oltre questo tempo felice, non vuole imparare a vedere, quando il giorno la interroga e cerca di afferrare un sorriso. Anche gli angeli, ora, sono diventati ciechi.
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