Io sento l'aria ora di un'altra sfera e mi scolorano nel buio i volti benignamente a me prima rivolti. E alberi amati e strade come a sera oscurano, che appena li ravviso: e ombra tu chiara - voce al mio tormento - in più profonde fiamme ora sei spenta per solcarmi d'un brivido improvviso dopo la guerra cieca in cui deliro. In circoli mi sciolgo in lume, in suono e senza brama al fervido respiro in lode pura grato m'abbandono. Un violento soffio ora m'assale nell'ebbrezza del rito ove uno stuolo di donne implora prosternato al suolo. E il vapore di nebbie lento esala a una contrada fulgida di sole, che cinge solo alpestri ultime gole. Candida e molle come latte trema la terra... su dirupi enormi io varco: di là rapito della nube estrema, nuoto in un mar di cristallina luce - una favilla io ormai del fuoco sacro, io sono un rombo della sacra voce.
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