Non ho parole per chiamar chi non vuole, fermar il respiro e sentirsi ancor vivo nel fragore dei suoni, in silenzi interrotti da nuvole chiare. Non voglio parlare, ma solo ascoltare quel dolce sentore che proviene dal cuore. Un battito calmo, un fremito lieve, lo sento sul palmo, lo so che non deve uscire e volare, ma non ci sa stare rinchiuso a sognare: quel silenzio d'amare.
Avrò gioia e non tristezza col calore di una carezza, avrò colori e non dolori con il piacere dei girasoli, avrò la luce e non il fuoco se lo scherzo sarà per gioco, avrò vent'anni se non conterò i miei compleanni Avrò rimpianti se tu ne avrai, ma non paura se ci sarai.
Impaziente segue la corrente, quel sasso trasparente che insieme ad altri sassi fa strada ai nostri passi. Guadare quel torrente non è stupefacente, farlo non è niente. È un gioco lineare dimenticar d'amare scordare quel vissuto, rinnegar l'avuto, saltare e andare avanti, lo hanno fatto in tanti. A me non è concesso di chiedere permesso e penetrare il cuore, di chi non ha creduto che forse quel torrente è tutto ciò che ha avuto.
Nel sogno medesimo del noto incantesimo, sorge un dilemma: se stringere ancora la tenera gemma stampata negli occhi. La lascio, la prendo, risalgo, discendo, così non mi arrendo non svelo il mistero non spezzo lo stelo. Ma ammiro quel fiore, quel bel girasole che torna a segnare il confine d'amore di vivo splendore, godendo al millesimo, del noto incantesimo.
Parole senza tempo, trascinate qua dal vento, parole indefinite, proposte e non capite, parole illuminate non dette ma sognate: le parole delle fate belle e non amate. Tagliano il presente, rinfrescano la mente, invitano a cambiare il tuo modo di ascoltare, di vedere, di guardare, di sentirsi tempestare di magnifici progetti: so che tu non te lo aspetti. Son parole dette a te, da una fata non da me.
Il prato si desta: gira la testa che vien dalla festa, non sembra più desta in ciò che ci resta di luci e parole. Ora insieme, ora sole, in quel girotondo che domina il mondo dei tuoi sentimenti. Sembran assenti quei tuoi occhi invadenti, ma incidono lenti la barriera del cuore. Trapassano oltre quel nostro presente un po' fatiscente. Girotondo apparente del mio girasole: giri danzando dentro il cestino, vivi volando sopra al destino.
Ruscelli d'acque chiare, non si gettano nel mare, ma vivono d'incanto, nel frangente di un rimpianto. Ruscelletti della mente, così fresca e trasparente, non bisogna più sognare, ma tentare di tornare in un presente intermittente che prosciughi quel torrente. Non si asciugano i pensieri né di oggi, né di ieri, ma permangono bagnati, dal torrente trascinati.
Canta la luce che illumina i gesti, che sempre conduce dove tu resti. Canta il poeta dei sogni perduti e sembran di seta i ritmi compiuti. Canta il richiamo del tempo arrivato, di intere serate apparse e passate, di mani gelate da stringere ancora, sognando e aspettando che arrivi l'aurora.
Graffiata dai rovi le rose non trovi, ma sboccia il dilemma di mite speranza che taglia, che stringe, che illumina, che abbaglia. Dal prato dei sogni non esci graffiata, ma a volte stregata, da un'idea passeggera che vola sincera nel cielo del cuore e somiglia all'amore.
Notte di fiume notte segnata dal tempo, dal lume che accende il respiro, che dona, che toglie che crea sulle soglie la brezza serena del lento passare dal fiume al suo mare. Notte di fiume vissuta e lasciata, ai posteri e ai loro segreti ancorata notte argentata così raccontata.