Oggi ho costruito una tana, una tana in me stessa, l'ho costruita con fili d'erba e piccoli fiori azzurri e un pizzico di fragole... l'ho arredata di niente l'ho profumata di corteccia di pioppo e di ghiaia sottile, ho appeso pensieri da elaborare e pensieri di un tempo solo per osservare il potere delle ore... all'entrata una piuma, una piuma grande che dondola per ogni gioco del vento... vicino un sentiero dove camminano formiche indaffarate, minuscole meno di un seme di sesamo, dove la terra come cipria setosa conosce le tue orme e solamente te lascia arrivare.
Mamma... cosa vorrei darti... forse un mondo nuovo dove potresti sorridere libera priva di schemi e di divieti assurdi, ma solo quelli conosci... e ti strapperei via dalla tua errata e impostata consapevolezza e ti farei osservare i laghi che forse ami, quelli con i voli di oche selvatiche e con libellule esili... e ti porterei a vedere davvero un tramonto, così per mano per poi lasciarti li da sola, si da sola a ripeterti fino a spaccare quel tuo credo fatto di filo spinato per questa terra, fino a guardarti davvero e a vedermi per la figlia che semplicemente sono, quella che ami, la stessa che ti spaventa... e io, mamma, ti prenderei in braccio come una bimba perché saresti stanca sfinita, di aver rincorso per quasi tutta una vita i sogni scritti e le illusioni dettate da bocche e menti che rubano l'esistenza, ti farei riposare, no no nel tuo letto, in un letto nuovo, magari fatto di onde e di profumi di fresie e vorrei osservare il tuo risveglio quello vero, e... abbracciarti forte e delicata per non farti male... scarpe morbide ai piedi appena nati accarezzati da un gatto, e occhiali tenui per non affaticarti troppo la vista dallo stupore e capelli bianchi spettinati per lasciare passare il vento e le orecchie libere per sentirti finalmente il tuo nome! Tua figlia... quella selvatica.
E osservo la mia vita, la mia esistenza fatta di sabbia e vento, vento del nord miscelato a petali di magnolie lontane, di piume portate dall'acqua annegate nel fuoco e portate in alto dalle tempeste, e orme e tracce di animali passati e presenti, e canti e note stridenti su un sentiero di terra nera di terra rossa, e ancora fatta di muri ammuffiti di disegni di ricordi di sassi di acqua fangosa da calpestare, di amarene da rubare e da dipingere come l'uva aggraziata su un vaso, e la pioggia fredda da congelare e piangere i pensieri e la pioggia mista al sole da colorare gli occhi, da girotondo di speranza di fede, di credo nelle mie gambe composte da bizzarri cavalli e fragili uccelli, a beccare un granello di buono e a sputarne cento malsani. E osservo la mia esistenza nel rumore presente che non mi appartiene, che scanso e che curiosa scansiono nei dettagli più minimi per vedere per capire per riprodurre un elemento esterno da comprendere per far comprendere. E guardo la mia vita miscelata alle direzioni che mi sono venute incontro che ho tirato come una corda di mille altre corde, che ho spinto che ho buttato che ho sorriso. E osservo e osservo ancora questa mia anima fatta di fuoco che lo ama che lo vuole che lo beve che lo spegne per paura, che lo riaccende per parlare per fumare per respirare... questa mia esistenza fatta per esistere e per resistere a quello che ancora non conosco e a quello che ora voglio, amalgamando denti e unghie alla brezza che mi sfiora e mi penetra la vita.
A volte mi soffermo ad ascoltare il tuono anche quando il cielo non ne annuncia l'arrivo, e immagino il prato azzurro e un cielo verde di campo, e i pesci brucare arbusti e cavalli nuotare sul fondo respirando il mare, e fiori come stelle e la luna come un frutto maturo, e lacrime per far ridere e risate che sanno di amaro, un panino dolce come il fiele e erbe amare da comparare al miele, la destra come l'ovest e la sinistra gialla come l'est, e il rosso del nord prende posto al bianco sud, e la mia età che va indietro su rughe evanescenti scomparse dal viso per solcare l'interno di me stessa. E aspetto il fulmine in inverno, e la pioggia come il sole, e il sole come la neve... e il contrario non è il rovescio del giusto verso, che anche la piccola rondine è amica e compagna del tuono.
E voglio un prato come pavimento, e ciuffi d'erba come tappeti, una margherita e steli di foglie per abbellire un benvenuto, e briciole di pane da offrire agli ospiti. E voglio un cielo con la sua pioggia per lavarmi l'anima e lo stesso cielo con il suo sole per lacrimare gli occhi, e voglio la notte per parlare di segreti delicati e un grande sasso che voglio fare mio. E voglio il volo di un insetto per giocare, e voglio una pozzanghera in terra per specchiare me stessa, un piccolo albero e uno grande per misurare la mia crescita e per alzare gli occhi e vedere dove posso arrivare. E voglio correre o girare su me stessa buttando via scarpe non adatte, a piedi nudi sicura di nessun taglio, e voglio una foglia se mi facessi male, e voglio un bruco da osservare e un passero per una piuma. E vorrei acqua di mare nelle mani da poterti regalare, e il volo di falchi in coppia per rimanere in un silenzio tiepido di parole da fare uscire. E voglio terra battuta e mulinelli di polvere quando passa il vento, e voglio e voglio solo tutto vero... e voglio te in noi a dissetarci nelle mani con la vita.
E io che sono fragile come un fiocco di neve, flessibile come un filo d'erba, allegra e colorata come una coccinella e cupa come un corvo, e ancora asciutta e secca come un ramo da molto spezzato, rigida come la temperatura in inverno, noiosa come l'acqua stagnante e imprevedibile come il temporale, rumorosa come il tuono e silenziosa come una falena, e ancora io che vedo lontano come un falco e sempre io che sono cieca come una morbida talpa, veloce come una rondine felice e lenta come una lumaca addormentata, nervosa come un cavallo libero e calma come una notte d'autunno, curiosa come un fungo appena spuntato e indifferente come il nulla, e sempre io che scrivo perché non so parlare...
Strade già segnate da un cammino, da dei cammini incrociati, persi, divisi, ritrovati e ancora persi, finti e legati nello stesso tempo... strade da sentirti tue con segnali manifesti e strade da cambiare direzione volendo, amando, con l'indifferenza che non c'è, con la rabbia guarita, con lo stupore e l'aggrapparsi ad antiche emozioni, che non ci sono, che fanno finta, che ti fanno capire che ogni uomo può ritornare a diventare oltre si oltre l'essere libero.
Ci sono cose che vieni a sapere, dopo 20, 30 anni, quelle stesse cose che ti portavano pensieri di rabbia, di malinconia, di tristezza, di di... di tutto ciò che prevalentemente brillava di nero, di scuro, di opaco... quelle stesse domande che si trasformavano in gesti, in parole, in pianto, in pugni chiusi... cose e cose da scoprire con gli anni, con il tempo, con i passi, con le unghie arrampicate a un muro, con gli specchi da scalare, con quel sorriso abbozzato dentro e con quella consapevolezza ancora acerba e matura insieme... cammini per20,30 anni e impari e ti scopri... hai solo una domanda, la stessa che credi non avrà mai una risposta, dici non ti importa... menti! E nel punto più alto del tuo mentire, all'apice del tuo nascondere, così senza chiedere, senza domanda... quella risposta arriva, così come non te la saresti mai immaginata e come davvero non sapevi, e rimani così con le parole che non hai e che vorresti... e rimani così. Così più piccola di prima con l'impressione di liberare finalmente un pettirosso nell'aria...
Ti dedico un volo quello che è già aperto... e quello che vorrei fare... e quello non di un migratore, senza la ricerca della giusta stagione. Ti dedico un volo senza un fisso orizzonte, ma mille e oltre orizzonti... e terre per riposare... ti dedico un volo, quello di ali libere ovunque nella loro sincronia.