Le migliori poesie di Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

La capinera

Nell'incavato fusto di ciliegio
Di capinera è custodito letto
Ch'esperta costruito ha in mod'egregio
In loco ritenuto sicuro tetto.
Tenerissime fibre l'hann'intrecciato
Con diligente architettura innata
Da testa nera, con fare ricercato
Per schiudere le uova dell'annata.

Poscia, nel caldo, morbido lettuccio
Depositò tre uova corpo grigio
Sicura che mai avesse avuto cruccio
Né che suo cuor divenisse bigio.
Ma l'arbusto che non dava frutto
Era d'impaccio all'animal'eretto
Che non sopporta non avere tutto
e nel demolire il legno scassa il tetto

di quella capinera dolce e buona
che sotto già teneva tre nudetti
da poco della schiusa dei tre uova
di pelle ancora scura, i piccoletti.
Implumi ancora, sol boccucci'aperta
per quell'impulso di sopravvivenza
la testolina, ora, all'ari'aperta
cercando vanno di mamma la presenza

che svolazzando nei d'intorni e presso
cinguettando, desolata, va piangendo
e s'avvicina e s'allontana spesso
e spaurita va dall'uman fuggendo.
Da mane dura l'andirivien'ardito
e par che preghi: Va! O uomo crudo
non vedi il nido mio com'è avvilito?
Perché in petto tieni cuore sì duro?

È sera, ormai, e l'uomo via sen va
Indi la capinera è sul morente nido,
un piccoletto afferra e vola e va
penzoloni altro trasporta al posto fido
torna, festante in becco stretto
l'ultimo ai fratellini affianca
sotto provvido e fortunoso tetto
e accanto giace, finalmente, stanca.

Quant'amore traspare in sì tal'atto!
Quant'affetto racchiude piccol volatile,
quant'altruismo quel corpicino ha in petto,
quanta bontà, quanta dolcezza e stile.
Nello Maruca
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    Scritta da: Nello Maruca

    La carità

    Amore per chi odia e che non ama,
    amore per il debole e negletto,
    amore a chi ha sete di giustizia
    e amore per lo sciocco beffeggiato
    e ancora per lo storpio e per il cieco.
    Amore per il sano e l'ammalato,
    amore per il forte e per il debole
    e pure pel potente e pel meschino.
    Amore per il sole e per la luna
    e amore per la luce e per le tenebre,
    amore per la notte e per il giorno
    e pur'anco per ognuna le stagioni.
    Amore per le fonti e per i fiumi,
    amore per i laghi e per i mari,
    amore per i monti e per i piani
    e amore per i rettili e gl'uccelli.
    Amore per la fauna e per la flora,
    amore per il cielo e il firmamento
    e amore pel creato e Creatore,
    amor per tutto quanto ci circonda
    e amore del donare senz'avere.
    Quest'è la carità, la vera carità.
    Nello Maruca
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      Scritta da: Nello Maruca

      Arte nuova

      Più l'ore se ne vanno con il tempo
      più la mia mente ha turbinio di lampo.
      In essa ruota sempre quello sperma
      che fuoriesce senz'alcun'orgasmo
      e suggerisce, con grand'insistenza,
      conoscere di tanto la causanza.

      Il Dei e Garzanti sfoglio senza sosta
      ma è come cercare al lago l'aragosta.
      Della Treccani m'accosto a copertina
      con fare e con pazienza certosina;
      lesto metto ogni pagina al mio vaglio
      così m'accorgo del secondo sbaglio.

      Mentre men sto, così, nell'incertezza
      avverto sulla testa una carezza:
      Austero, di nobile figura, è al mio fianco
      uomo vetusto, dai capelli bianchi.
      Se il tuo cuor tu m'apri in confidenza
      accenderti poss'io persa speranza
      ché quel ch'al tuo cervello assilla e sfugge
      al cospetto del mio certo non regge.

      Cominciò, tutto, oh Grande, coi malanni
      e da quel giorno pace più non ebbi
      ché si moltiplicar d'allor gli affanni
      e in incertezze e dubbi sempre crebbi.
      Con pression dall'altro lato fatta
      liquido lattescente innanzi m'esce,
      l'organo non gioisce: Forte patisce;
      la testa gira e par diventi matta.

      Arte nuova è codesta in medicina
      che più recenti studi son'approdati.
      raggiunto quando abbiam la cinquantina
      di quest'infame male siamo toccati.
      Prostata han dato nome gli scienziati
      e dei malanni è certo tra i più ingrati:
      Quale castagniforme appare in loco
      e a chi colpisce brucia come fuoco.

      Il liquido che secerne è simil sperma
      e riferimento non è d'alcun orgasmo
      poiché d'agogna non ha nessuna norma
      ma risultato è di grande spasmo.
      Abituati a far senza dell'orgasmo,
      convivi col dolore e con lo spasmo;
      oltre non ti crucciar, tempo è di flemma,
      risolto parmi t'abbia il gran dilemma.
      Nello Maruca
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        Scritta da: Nello Maruca

        CXLIV

        Quando la meta già tocca la mano
        qualcosa di contorto allora appare
        bloccando, nel mezzo, il camminare
        e lo percorso vinto rende vano.

        Boccheggiante, giovane francescano
        correndo supera portico e Altare
        e un non so che riesce a balbettare
        a fiato grosso, faccia e occhio strano.

        Passa minuto che par lunga attesa,
        riesce a stento dire suora Brunetta
        caduta monte donna Maria Marchesa.

        Vocio, singultire di donne sfatte
        è il dir sciagura repentina scesa
        su tetto che per l'altrui amor si batte.
        Nello Maruca
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          Scritta da: Nello Maruca

          Il Portento

          Se davvero sei un portento
          E rimani sempre attento
          Restar devi ognor contento
          Pur se storto soffia il vento.

          Se invece, ahimè, t'ammosci
          E l'ardir non riconosci
          E il tuo io, indi, tradisci
          Sol perché non lo capisci

          Caro portento te lo dico:
          La corteccia hai del fico.
          Se t'incunei in questo vico
          Rimarrò comunque amico

          Perché inciso è nel mio cuore:
          tanta stima e fratern'amore.
          Nello Maruca
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            Scritta da: Nello Maruca

            CLXXXI

            Inebetito, steso mi fui cheto
            per nove dì che tutto ardea di foco
            e membra consumommi poco a poco
            e lo pensare al cranio fummi veto.

            Lo cinquettar d'uccello del vigneto
            fecemi intraveder dond'ero il loco
            e a fiato fioco la mia mamma invoco
            ché dal cald'affetto ancora non desueto

            Giovane suora che a mio canto siede,
            flebile e dolce voce sì mi dice:
            Mamma ch'invochi tosto qui riede

            Ch'affiancata dalla madre Badessa
            siede al cospetto di Signora Contessa
            ch'è di colei che ami generatrice.
            Nello Maruca
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              Scritta da: Nello Maruca

              L'ingannevole

              Al nefasto giudicio che destommi tema
              desolato mi dipartii e senza speme.
              Fu il dispero, tutto mi fu nero
              spiraglio alcuno non vedea, invero.
              Conobbi l'impotente debolezza,
              nullo e nessuno davami certezza.
              Nel Tempio mi trovai degl'Alemanni
              come deporre i tanti, molti affanni.
              Andò per tempo, non ricordo quanto,

              dalla Croce, la vista, all'Azzurro Manto.
              D'automa movenza fu all'accender cero,
              col cuore lo feci palpitante e nero.
              Quella fiammella tremula, pencolante
              poscia per l'alma mia fu illuminante.
              Parea un varco mi si fosse aperto
              in mezzo quel che grande era sconcerto.

              E, poi, di nuovo cupa desolazione
              e immensa ancora fu disperazione.
              Col cuore infranto, stanco, sconfortato
              in casa mi trovai, da trasportato.
              Mentre mi riportavo al luogo mesto **
              fu il pensiero mio determinato e desto
              a ripassar in quel ch'è Sacro Luogo
              onde scrollarmi del pesante giogo.

              Lì, rimasi infreddolito e stanco
              con quella spina che pungeami il fianco;
              Lo guardo riandò su l'Effige Santa
              e poi portossi alla Donna Santa,
              e mentre la guardavo la pregavo
              e nella prece tutto mi donavo
              e mi pareva d'essere ascoltato
              e mi pareva d'essere consolato.

              E più guardavo quell'Effige Santa:
              Abbi fiducia, abbine sì tanta
              e più parea che cenno mi facesse
              quasi che dir qualcosa mi volesse.
              L'Effige ch'è in Croce mi rispose,
              sulla testa Maria la Mano santa pose
              e quel ch'accadde, poi, non parmi vero:
              Schiarito fu, quel ch'era tutto nero.

              Ed il sorriso ritornommi in viso,
              lievi sentii le spalle, senza peso;
              leggero dentro, senz'alcun tormento
              un guardo, un grazie volsi al Firmamento.
              Schiacciato fu il diagnosticato prima
              poiché riposto avea tutta mia stima
              al Creator di tutto, al Redentore
              che sa donare gioia ad ogni cuore.

              Quanto l'Onnipotente è umile e verace
              tanto sei, uomo, tronfio e fallace.
              Nello Maruca
              Composta lunedì 30 novembre 1998
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                Scritta da: Nello Maruca

                Lo scalognato

                Per volere del destino ebbe intoppo
                nel cammino e da molti, tanti anni
                vive in speme, tormenti e affanni;
                come erbivoro destriero al galoppo
                uso e corsa rallentato in galoppare
                per malore d'ungula afflitto
                appar mesto, mogio appare e derelitto.
                Tal si è, desolato e moscio
                ché mai spiraglio s'aperse all'orizzonte
                che nel calore sciogliesse il moral floscio
                e da valle lo proiettasse al desiato monte.
                Come avviene non sa e forse mai saprà.

                Avendo un po' di fede, però, in Dio
                il cuore gli detta:: Fu sfortuna dell'io.
                Nello Maruca
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Il cipresso

                  E fu Giuseppe per quarant'anni ed oltre
                  a far'inchini e salutar dappresso
                  finché trovossi un dì su stessa coltre *
                  accanto colui che prima era cipresso.
                  Parve, indi, con stupore immenso
                  d'avere inchino da sì alto fusto;
                  anchilosato fu, disse: Che penso?
                  No! Cervello mio: Sei vecchio e guasto.

                  E chiusi gli occhi, ch'era stanco assai,
                  la destra penzoloni giù dal letto
                  s'assopì pian pianino pensando ai guai
                  ed alla vision ch'oggi fu oggetto.
                  Così restossi: Tempo quanto nol seppe
                  ma parvegli poi da tocco essere scosso
                  mentre affettuosamente: Che fai o Peppe?
                  Sentì stanco quel dire, quanto commosso.

                  Per i suoi vitrei, da peso oppressi occhi
                  forza non ebbe di guardar chi fosse,
                  chi a voce lo chiamava e piccoli tocchi
                  e debolmente pensava chi esser potesse.
                  Fu il dì di poi, a mattino andato
                  che disteso a letto a lui di presso
                  scorge vetust'uomo, volto emaciato
                  che credere stenta ch'esser sia lo stesso

                  che per tant'anni ebbe ad inchinarsi.
                  Quello lo guarda e stancamente dice:
                  Ho, qui, nel petto di dolor dei morsi,
                  stanco mi sento e d'essere infelice.
                  Io non pensavo mai, Vossignoria,
                  un giorno di trovarmi accanto a Voi,
                  quest'oggi il cuore mio è in allegria
                  ch'ha la fortuna d'essere con Voi.

                  Prim'io voglianza avevo di morire
                  che sempre fui più stanco e tribolato
                  sper'ora, invece, manco di guarire
                  ch'accanto Vossignoria sono appagato.
                  Certo! Tu allato sempre sei vissuto
                  e ancorché steso resti consolato.
                  Non me, però, da nobil stirpe nato
                  sempre diverso fui, e non reietto.

                  Vossignoria restate tale e quale
                  con l'arroganza nelle vostre vene
                  ma l'altezzosità più a nulla vale
                  perché acuisce solo le vostre pene.
                  Da parte mia vi dico: Io vi perdono
                  e mi prosterno a voi per quella gioia
                  che il cuore mio ha ricevuto in dono
                  d'avere accanto a sé vossignoria.
                  Nello Maruca
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