E il cuore quando d'un ultimo battito avrà fatto cadere il muro d'ombra per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano. In ginocchio, decisa, Sarai una statua davanti all'eterno, come già ti vedeva quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia, come quando spirasti dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato, ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro.
Luna, Piuma di cielo, Cosi velina, Arida, Trasporti il murmure d'anime spoglie?
E alla pallida che diranno mai Pipistrelli dai ruderi del teatro, In sogno quelle capre, E fra arse foglie come in fermo fumo Con tutto il suo sgolarsi di cristallo Un usignuolo?
Dalla spoglia di serpe alla pavida talpa ogni grigio si gingilla sui duomi... come una prora bionda di stella in stella il sole s'accomiata e s'acciglia sotto la pergola... come una fronte stanca è riapparsa la notte nel cavo d'una mano...
Ogni anno, mentre scopro che Febbraio è sensitivo e, per pudore, torbido, Con minuto fiorire, gialla irrompe La mimosa. S'inquadra alla finestra Di quella mia dimora d'una volta, Di questa dove passo gli anni vecchi.
Mentre arrivo vicino al gran silenzio, Segno sarà che niuna cosa muore Se ne ritorna sempre l'apparenza?
O saprò finalmente che la morte regno non ha che sopra l'apparenza.