Scritta da: Silvana Stremiz

Il lauro

Nell'orto, a Massa — o blocchi di turchese,
alpi Apuane! o lunghi intagli azzurri
nel celestino, all'orlo del paese!

un odorato e lucido verziere
pieno di frulli, pieno di sussurri,
pieno dè flauti delle capinere.

Nell'aie acuta la magnolia odora,
lustra l'arancio popolato d'oro —
io, quando al Belvedere era l'aurora,
venivo al piede d'uno snello alloro.

Sorgeva presso il vecchio muro, presso
il vecchio busto d'un imperatore,
col tronco svelto come di cipresso.

Slanciato avanti, sopra il muro, al sole
dava la chioma. Intorno era un odore,
sottil, di vecchio, e forse di viole.

Io sognava: una corsa luna il puro
Frigido, l'oro di capelli sparsi,
una fanciulla... Ancora al vecchio muro,
tremava il lauro che parea slanciarsi.

Un'alba — si sentìa di due fringuelli
chiaro il francesco mio: la capinera
già desta squittinìa di tra i piselli —

tu più non c'eri, o vergine fugace:
netto il pedale era tagliato: v'era
quel vecchio odore e quella vecchia pace;

il lauro, no. Sarchiava li vicino
Fiore, un ragazzo pieno di bontà.
Gli domandai del lauro; e Fiore, chino
sopra il sarchiello: Faceva ombra, sa!

E m'accennavi un campo glauco, o Fiore,
di cavolo cappuccio e cavolfiore.
Giovanni Pascoli
dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Allora

    Allora... in un tempo assai lunge
    felice fui molto; non ora:
    ma quanta dolcezza mi giunge
    da tanta dolcezza d'allora!
    Quell'anno! Per anni che poi
    fuggirono, che fuggiranno,
    non puoi, mio pensiero, non puoi,
    portare con te, che quell'anno!
    Un giorno fu quello, ch'è senza
    compagno, ch'è senza ritorno;
    la vita fu vana parvenza
    sì prima sì dopo quel giorno!
    Un punto!... così passeggero,
    che in vero passò non raggiunto,
    ma bello così, che molto ero
    felice, felice, quel punto!
    Giovanni Pascoli
    dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      L'agrifoglio

      Sul, limitare, tra la casa e 1'orto
      dove son brulli gli alberi, te voglio,
      che vi verdeggi dopo ch'io sia morto,
      sempre, agrifoglio.

      Lauro spinoso t'ha chiamato il volgo,
      che sempre verde t'ammirò sul monte:
      oh! Cola il sangue se un tuo ramo avvolgo
      alla mia fronte!

      Tu devi, o lauro, cingere l'esangue
      fronte dei morti! E nella nebbia pigra
      alle tue bacche del color di sangue,
      venga chi migra,

      tordo, frosone, zigolo muciatto,
      presso la casa ove né suona il tardo
      passo del vecchio. E vengavi d'appiatto
      l'uomo lombardo,

      e del tuo duro legno, alla sua guisa
      foggi cucchiari e mestole; il cucchiare
      con cui la mamma imbocca il bimbo, assisa
      sul limitare.
      Giovanni Pascoli
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Scalpitio

        Si sente un galoppo lontano
        (è la...? ),
        che viene, che corre nel piano
        con tremula rapidità.
        Un piano deserto, infinito;
        tutto ampio, tutt'arido, eguale:
        qualche ombra d'uccello smarrito,
        che scivola simile a strale:
        non altro. Essi fuggono via
        da qualche remoto sfacelo;
        ma quale, ma dove egli sia,
        non sa né la terra né il cielo.
        Si sente un galoppo lontano
        più forte,
        che viene, che corre nel piano:
        la Morte! La Morte! La Morte!
        Giovanni Pascoli
        dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Sera Festiva

          O mamma, o mammina, hai stirato
          la nuova camicia di lino?
          Non c'era laggiù tra il bucato,
          sul bossolo o sul biancospino.
          Su gli occhi tu tieni le mani...
          Perché? Non lo sai che domani...?
          din don dan, din don dan.
          Si parlano i bianchi villaggi
          cantando in un lume di rosa:
          dell'ombra dè monti selvaggi
          si sente una romba festosa.
          Tu tieni a gli orecchi le mani...
          tu piangi; ed è festa domani...
          din don dan, din don dan.
          Tu pensi... Oh! Ricordo: la pieve...
          quanti anni ora sono? Una sera...
          il bimbo era freddo, di neve;
          il bimbo era bianco, di cera:
          allora sonò la campana
          (perché non pareva lontana? )
          din don dan, din don dan.
          Sonavano a festa, come ora,
          per l'angiolo; il nuovo angioletto
          nel cielo volava a quell'ora;
          ma tu lo volevi al tuo petto,
          con noi, nella piccola zana:
          gridavi; e lassù la campana...
          din don dan, din don dan.
          Giovanni Pascoli
          dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            La cucitrice

            L'alba per la valle nera
            sparpagliò le greggi bianche:
            tornano ora nella sera
            e s'arrampicano stanche;
            una stella le conduce.
            Torna via dalla maestra
            la covata, e passa lenta:
            c'è del biondo alla finestra
            tra un basilico e una menta:
            è Maria che cuce e cuce.
            Per che cuci e per che cosa?
            Un lenzuolo? Un bianco velo?
            Tutto il cielo è color rosa,
            rosa e oro, e tutto il cielo
            sulla testa le riluce.
            Alza gli occhi dal lavoro:
            una lagrima? Un sorriso?
            Sotto il cielo rosa e oro,
            chini gli occhi, chino il viso,
            ella cuce, cuce, cuce.
            Giovanni Pascoli
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Rio Salto

              Lo so: non era nella valle fonda
              suon che s'udìa di palafreni andanti:
              era l'acqua che giù dalle stillanti
              tegole a furia percotea la gronda.
              Pur via e via per l'infinita sponda
              passar vedevo i cavalieri erranti;
              scorgevo le corazze luccicanti,
              scorgevo l'ombra galoppar sull'onda.
              Cessato il vento poi, non di galoppi
              il suono udivo, nè vedea tremando
              fughe remote al dubitoso lume;
              ma poi solo vedevo, amici pioppi!
              Brusivano soave tentennando
              lungo la sponda del mio dolce fiume.
              Giovanni Pascoli
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                L'uccellino del freddo

                Viene il freddo. Giri per dirlo
                tu, sgricciolo, intorno le siepi;
                e sentire fai nel tuo zirlo
                lo strido di gelo che crepi.
                Il tuo trillo sembra la brina
                che sgrigiola, il vetro che incrina...
                trr trr trr terit tirit...
                Viene il verno. Nella tua voce
                c'è il verno tutt'arido e tecco.
                Tu somigli un guscio di noce,
                che ruzzola con rumor secco.
                T'ha insegnato il breve tuo trillo
                con l'elitre tremule il grillo...
                trr trr trr terit tirit...
                Nel tuo verso suona scrio scrio,
                con piccoli crepiti e stiocchi,
                il segreto scricchiolettio
                di quella catasta di ciocchi.
                Uno scricchiolettio ti parve
                d'udirvi cercando le larve...
                trr trr trr terit tirit...
                Tutto, intorno, screpola rotto.
                Tu frulli ad un tetto, ad un vetro.
                Così rompere odi lì sotto,
                così screpolare lì dietro.
                Oh! lì dentro vedi una vecchia
                che fiacca la stipa e la grecchia...
                trr trr trr terit tirit...
                Vedi il lume, vedi la vampa.
                Tu frulli dal vetro alla fratta.
                Ecco un tizzo soffia, una stiampa
                già croscia, una scorza già scatta.
                Ecco nella grigia casetta
                l'allegra fiammata scoppietta...
                trr trr trr terit tirit...
                Fuori, in terra, frusciano foglie
                cadute. Nell'Alpe lontana
                ce n'è un mucchio grande che accoglie
                la verde tua palla di lana.
                Nido verde tra foglie morte,
                che fanno, ad un soffio più forte...
                trr trr trr terit tirit...
                Giovanni Pascoli
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Anniversario (1890)

                  Sappi - e forse lo sai, nel camposanto -
                  la bimba dalle lunghe anella d'oro,
                  e l'altra che fu l'ultimo tuo pianto,
                  sappi ch'io le raccolsi e che le adoro.
                  Per lor ripresi il mio coraggio affranto,
                  e mi detersi l'anima per loro:
                  hanno un tetto, hanno un nido, ora, mio vanto:
                  e l'amor mio le nutre e il mio lavoro.
                  Non son felici, sappi, ma serene:
                  il lor sorriso ha una tristezza pia:
                  io le guardo - o mia sola erma famiglia! -
                  e sempre a gli occhi sento che mi viene
                  quella che ti bagnò nell'agonia
                  non terminata lagrima le ciglia.
                  Giovanni Pascoli
                  dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Nel giardino

                    Nel mio giardino, là nel canto oscuro
                    dove ora il pettirosso tintinnìa,
                    col gelsomino rampicante al muro,
                    c'è la gaggìa;
                    e or che ottobre dentro la vermiglia
                    foresta il marzo rende morto al suolo,
                    e sembra marzo, come rassomiglia
                    bacca a bocciuolo,
                    alba a tramonto; nelle tenui trine
                    l'una si stringe, al roseo vespro, quando
                    l'altro i suoi fiori, candide stelline,
                    apre, alitando;
                    ed al sospiro dell'avemaria,
                    quando nel bosco dalle cime nude
                    il dì s'esala, il cuore in una pia
                    ombra si chiude;
                    e l'anima in quell'ombra di ricordi
                    apre corolle che imbocciar non vide;
                    e l'ombra di fior d'angelo e di fior di
                    spina sorride.
                    Giovanni Pascoli
                    dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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