Le migliori poesie di Cesare Pavese

Scrittore, poeta, saggista e traduttore, nato mercoledì 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, Cuneo (Italia), morto domenica 27 agosto 1950 a Torino (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi, in Frasi per ogni occasione e in Diario.

Scritta da: Marilù Rossi

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Cesare Pavese
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    Scritta da: Rita Cangiano
    Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
    saprò vivere sola e fissare negli occhi
    ogni volto che passa e restare sempre la stessa.
    Questo fresco che sale a cercarmi le vene
    è un risveglio che mai nel mattino ho provato
    così vero: soltanto, mi sento più forte
    che il mio corpo, e un tremore più feddo accompagna il mattino.
    Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
    E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
    ne ricordo ogni sasso e le strisce di cielo.
    Da domani la gente riprende a vedermi
    e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
    e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
    ero giovane e non lo sapevo, e
    nemmeno sapevo
    di essere io che passavo-una donna, pdrona
    di se stessa. La magra bambina che fui
    si è svegliata da un pianto non fosse mai stato.
    E desidero solo colori. I colori non piangono,
    sono come un risveglio: domani i colori
    torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
    ogni corpo un colore-perfino i bambini.
    Questo corpo vestito di rosso leggero
    dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
    Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi e saprò d'esser io: gettando un'occhiata,
    mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
    uscirò per le strade cercando i colori.
    Cesare Pavese
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      Scritta da: Barbara Brussa

      Estate

      C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
      di erba secca e di luce, che cuoce adagio
      la sua terra. È una luce che sa di mare.
      Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
      e ne scuoti il ricordo.
      Ho veduto cadere
      molti frutti, dolci, su un'erba che so,
      con un tonfo. Così trasalisci tu pure
      al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
      come intorno accadesse un prodigio d'aria
      e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
      nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
      Ascolti.
      La parole che ascolti ti toccano appena.
      Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
      che ti finge alle spalle la luce del mare.
      Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
      con un tonfo, e ne stilla una pena antica
      come il succo dei frutti caduti allora.
      Cesare Pavese
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        Scritta da: Phantastica
        Lo spiraglio dell'alba
        respira con la tua bocca
        in fondo alle vie vuote.

        Luce grigia i tuoi occhi,
        dolci gocce dell'alba
        sulle colline scure.

        Il tuo passo e il tuo fiato
        come il vento dell'alba
        sommergono le case.

        La città rabbrividisce,
        odorano le pietre
        sei la vita, il risveglio.

        Stella sperduta
        nella luce dell'alba,
        cigolio della brezza,
        tepore, respiro
        è finita la notte.

        Sei la luce e il mattino.
        Cesare Pavese
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          Scritta da: Phantastica

          In the Morning you Always come Back

          Lo spiraglio dell'alba
          respira con la tua bocca
          in fondo alle vie vuote.
          Luce grigia i tuoi occhi,
          dolci gocce dell'alba
          sulle colline scure.
          Il tuo passo e il tuo fiato
          come il vento dell'alba
          sommergono le case.
          La città abbrividisce,
          odorano le pietre
          sei la vita, il risveglio.
          Stella sperduta
          nella luce dell'alba,
          cigolio della brezza,
          tepore, respiro
          è finita la notte.
          Sei la luce e il mattino.
          Cesare Pavese
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            Scritta da: Cheope

            L'amico che dorme

            Che diremo stanotte all'amico che dorme?
            La parola più tenue ci sale alle labbra
            dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico,
            le sue inutili labbra che non dicono nulla,
            parleremo sommesso.
            La notte avrà il volto
            dell'antico dolore che riemerge ogni sera
            impassibile e vivo. Il remoto silenzio
            soffrirà come un'anima, muto, nel buio.
            Parleremo alla notte che fiata sommessa.

            Udiremo gli istanti stillare nel buio
            al di là delle cose, nell'ansia dell'alba,
            che verrà d'improvviso incidendo le cose
            contro il morto silenzio. L'inutile luce
            svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
            taceranno. E le cose parleranno sommesso.
            Cesare Pavese
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              Scritta da: Cheope

              Il vino triste

              La fatica è sedersi senza farsi notare.
              Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
              e ritorna la voglia di pensarci da solo.
              Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
              ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
              esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
              (l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
              ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
              per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
              a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

              Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
              pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
              può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
              Può sbucare una donna e distendersi in strada,
              bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
              come un tempo una donna gemeva con lui.
              Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
              e la vita non è che un ronzio di silenzio.

              A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
              e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
              che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
              dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
              crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
              su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
              e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
              giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
              Cesare Pavese
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                Passerò per Piazza di Spagna

                Sarà un cielo chiaro.
                S'apriranno le strade
                sul colle di pini e di pietra.
                Il tumulto delle strade
                non muterà quell'aria ferma.
                I fiori, spruzzati
                di colori alle fontane,
                occhieggeranno come donne
                divertite. Le scale
                le terrazze le rondini
                canteranno nel sole.
                S'aprirà quella strada,
                le pietre canteranno,
                il cuore batterà sussultando
                come l'acqua nelle fontane -
                sarà questa la voce
                che salirà le tue scale.
                Le finestre sapranno
                l'odore della pietra e dell'aria
                mattutina. S'aprirà una porta.
                Il tumulto delle strade
                sarà il tumulto del cuore
                nella luce smarrita.

                Sarai tu - ferma e chiara.
                Cesare Pavese
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