Non amo il sopravvivere, ti confidai quel giorno; adesso ti confesso: è meglio deragliare. È un nodo, un guazzabuglio, giuro: non è un imbroglio. Paura non d'amare la voglia di nascondermi; nemico da sconfiggere: pacata ipocrisia che giudica e ferisce questa passione anomala. Se sogno le tue mani non è capriccio labile o tessera di un puzzle che forma un quadro inutile. Tu, bizzarro refolo che guizza nella mente, mi graffi dentro l'anima e mi tormenti il cuore. E ancora la tua immagine che penetra sfacciata in questo giorno liquido. E mille gocce gelide sai trasformare in briciole che baciano la pelle; ma questi strani brividi sussurrano la voglia di un'ansia incontenibile: è il pane del mio vivere. Irene, io ti amo. Sei la mia via di fuga, il mio confine infranto, pugnale nello stomaco. Irene, io ti amo. Sei tutto ciò che ingoio: veleno, amaro, dolce, groviglio nella gola. Ascolta la nenia complice: ti prego di concedermi la fragile illusione di questo strano amore.
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