Scritto da: Marilisa
Penso di essere nata con uno spiccato istinto materno, poiché fin dai primi anni di vita il mio gioco preferito era accudire ipotetici bambini con tanto amore ed attenzione. Quel giorno ero in cucina accanto alla mia mamma che rammendava alcuni capi di vestiario di noi bambini, in silenzio, ma con un'espressione serena e soddisfatta. Eravamo una famiglia unita e sempre con l'entusiasmo di vivere, lavorando, ma per costruire un futuro sereno per noi tutti e in questo il trascinatore era il babbo, mamma lo seguiva a ruota, ma con, a volte, un po' di stanchezza normale e doverosa a causa dei molteplici lavori da svolgere per tenere tutto lindo e ordinato in casa e per coadiuvare suo marito che lavorava giorno e notte in officina. Erano pochi anni che si abitava in una casa tutta nostra, piccolissima: cucina, una stanza da letto divisa in due da una tramezza per creare anche stanzetta per noi figli, io e mio fratello più grande, i servizi fuori, nel cortile, già avevamo doccia e d'inverno era una goduria! (Ricordo vagamente...) questo per dire che eravamo un po' meno che poveri, si mangiava tutti i giorni, cose semplici, avevamo un tetto sopra la testa (ogni tanto pioveva dentro e si raccoglieva le gocce di acqua piovana in una bacinella), si aveva il necessario, ma il superfluo non esisteva. Io avevo circa quattro anni, ma mi sentivo decisamente una bambina serena e pensavo che il mondo e la vita erano fantastici perché avevo tutto questo: mamma che sapeva di saponetta alla rosa, papà che odorava di benzina e olio del motore, Piero che era mio fratello ed era grande e mi faceva giocare e poi mi raccontava storie e poi mi dava spesso e volentieri anche scapaccioni, implorandomi subito dopo di non piangere, facendo il buffone per farmi ridere, altrimenti arrivavano a lui scapaccioni e sgridate a non finire. Quel giorno, dunque, ero tranquilla e pacifica a giocare accanto a mamma, con due fazzoletti di papà che lei mi aveva insegnato a piegare in modo tale da trasformarli in due bamboline, magicamente ero mamma di due bambine che io vedevo bellissime e amavo teneramente e le accudivo e le cullavo e venivo proiettata dalla mia spiccata fantasia in un mondo magico dove luci, colori e profumi mi facevano da cornice, parlavo spesso da sola in lunghi monologhi, ma io percepivo le risposte al mio chiacchierare, erano forse dialoghi? Chissà magari non ero sola?
Ad un certo punto sentiamo un: - Permesso?
La porta si apre e papà entra con una "Signora" elegante, profumata, ricordo il rossetto sulle sue labbra ed orecchini d'oro che avevano riflesso un luccichio al passaggio sotto la lampadina che illuminava la cucina. Io mi alzo dallo sgabellino dove giocavo con le mie "bamboline", un po' intimidita da quella presenza e... improvvisamente mi appare una bambina che era per mano a quella signora, era piccina ma subito pensai che era bella davvero come una bambola. Papà disse che stava controllando la loro auto, le presenta a mamma e dice che avrebbero aspettato con noi che finisse il lavoro. Mamma e la signora cominciarono a parlare e io perdo subito il filo del discorso e guardo incuriosita quella bambina che è elegante come la sua mamma: aveva un delizioso cappottino e scarpe con lacci che mi parevano così belle e per me sconosciute, che forse appartenevano al mio mondo magico, dove sempre andavo giocando. Anche lei mi guardava incuriosita e dopo pochi attimi comincia a parlarmi. Si chiama Daniela, ha tre anni, due grandi occhi scuri da cerbiatto e, meraviglia, da sotto il berrettino rosso le vedo spuntare un ricciolo bruno. Credo di aver pensato a quanto era fortunata quella bambina perché avere un ricciolo, io che avevo capelli chiari e lisci, era un dono del Cielo. Aveva un bel chiacchiericcio quella bambina, io la guardavo e ascoltavo, quando improvvisamente mi chiede se ero capace di fare la spaccata... - Fare cosa? Le dico... e lei, con grazia e noncuranza, si butta a terra in una "spericolata" spaccata. Io resto a bocca aperta, mai visto niente di simile e Daniela mi appare come un abitante di un altro mondo. La sua mamma le toglie cappottino e berrettino e l'invita a giocare con me, mentre prende un caffè che mamma le ha preparato.
Comincio a prendere confidenza con questa creatura: una bambina in carne e ossa, chiacchierina, bella e poi... dotata di capacità "paranormali", come fare una pericolosa spaccata senza colpo ferire il suo corpicino. Una forza della natura e anche con qualche ricciolo sparso che ribelle scappa dalla sue treccine... perché rimango piacevolmente sorpresa a vederle, anche lei come me treccine a incorniciare i nostri visetti. Parliamo, parliamo, parliamo... Mi dice che andrà a scuola di danza classica, che metterà il tutù e le scarpette rosa per danzare sulle punte e mi chiede di andare con lei... Io già ero con lei e mi sentivo tanto ballerina eterea e delicata in tutù e scarpette. Peccato che bisognava andare fino a Casale Monferrato, peccato che aveva un costo notevole, peccato che i miei genitori mi davano il necessario e non si potevano permettere i "sogni".
Io so che ho salutato Daniela quel giorno capendo di aver conosciuto la mia prima amichetta in assoluto, di averla sentita nel cuore da subito, di aver poi giocato con lei, studiato, fatto merende, risate e condivisioni per tanti anni e di ritrovarla oggi come quel giorno, con simpatia e amorevole amicizia e ammirazione per tutto ciò che fa e lo fa con maestria.
Sono sempre grata alla vita per tutto ciò che mi dona e per le belle persone che ho incontrato sul mio cammino e che sempre mi hanno insegnato qualcosa: Daniela è una di queste.
P. s. Io per giorni e giorni dopo il nostro incontro, ho giocato a fare la ballerina di danza classica e mi mettevo sulle punte sognando la ribalta, finché mia mamma, con una sculacciata, me lo ha proibito perché mi rovinavo i miei poveri piedini.

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    Scritto da: Marilisa
    Riferimento:
    Daniela, la mia prima amichetta... Avevo quatto anni

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