Ho custodito la tempesta nell'angolo più remoto della mia anima, convinto che fosse il prezzo da pagare per colpe che mi ero attribuito ingiustamente fin da bambino. Ci sono voluti decenni prima che me ne rendessi conto, così ho deciso di intraprendere un percorso lungo e doloroso ma colmo di speranza.
Quando si vive un presente zeppo di solitudine e incertezze è difficile mantenere l'equilibrio tra il desiderio di guardare avanti e il timore di ricadere nella morsa del passato. Perché le sofferenze non si cancellano con un colpo di spugna soprattutto quando hanno graffiato l'anima in profondità.
Ci sono persone che si sentono inadeguate in una realtà nella quale chi ha il dono della sensibilità è destinato a soffrire più del dovuto, dove si insegue il consumismo, in cui prevale l'apparire e bisogna essere bravi a fingersi ipocriti, laddove chi è coerente con i propri valori spesso viene tradito, mentre coloro che vogliono vincere a tutti i costi non si preoccupano di calpestare la dignità altrui.
Ho trascorso parecchi anni in collegio, dove sono stato costretto ad annuire in continuazione, perché era sufficiente che la pensassi diversamente dalle suore che mi arrivavano dei gran manrovesci. Un bambino dovrebbe avere il diritto di vivere la propria infanzia e non essere trattato come un soldatino costretto a ubbidire agli ordini. Da allora sono passati tanti anni ma il ricordo di quell'esperienza continua a tormentarmi. Per questo mi piacerebbe se ci fosse maggior rispetto nei confronti dei più deboli e indifesi.