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"Voi dunque converrete meco, che quello è il più felice di tutti gli uomini, perché è al di sopra di tutto ciò che possiede". "E non vedete voi - rispose Martino - che di tutto ciò che possiede egli è disgustato? Platone disse, molto tempo fa, che i migliori stomaci non son quelli che rigettano tutti gli alimenti".
"Ma - disse Candido - non è un piacere a criticar tutto? A trovar dè difetti, dove gli altri uomini credon vedere delle bellezze?"
Voltaire (François Marie Arouet)
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    "Oh, ecco un Cicerone - dice Candido - io credo che vostr'eccellenza non lascerà punto di leggere cotesto grand'uomo". "Io non lo leggo mai - risponde il Veneziano - che m'importa ch'egli abbia difeso la causa di Rabirio o di Cluenzio? Ne ho d'avanzo dè processi da giudicare; mi sarei adattato a leggere le sue opere filosofiche, ma quando mi son accorto che ei dubitava di tutto, ho concluso che io ne sapeva quanto lui, e che non avevo bisogno d'alcuno per essere ignorante".
    Voltaire (François Marie Arouet)
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      "Ma a qual fine questo mondo è stato dunque formato?" ripiglia Candido. "Per farci arrabbiare" risponde Martino. "Credete voi - dice Candido - che gli uomini si siano sempre, vicendevolmente straziati, come lo fanno al presente? Ch'essi siano sempre stati bugiardi, furbi, perfidi, ingrati, assassini, pieni di debolezze, ladri, vili, invidiosi, ingordi, ubriaconi, avari, ambiziosi, sanguinari, calunniatori, discoli, fanatici, ipocriti e pazzi?".
      "Credete voi - dice Martino - che gli sparvieri abbiano sempre mangiato degli uccelli quando ne han trovati?".
      "Sì, senza dubbio" dice Candido. "Ebbene - soggiunge Martino - se gli sparvieri han sempre avuto il medesimo carattere, perché volete voi che gli uomini abbiano cambiato il loro?"
      Voltaire (François Marie Arouet)
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        Io non ho mai veduto città che non desideri la rovina della città vicina: niuna famiglia che non voglia sterminare qualche altra famiglia. Per tutto i deboli hanno in esecrazione i potenti, innanzi ai quali s'avviliscono, e i potenti trattano quelli come le pecore, di cui si vende la lana e la carne. Un milione d'assassini arruolati, corre da una parte all'altra dell'Europa, esercitando l'omicidio e la ruberia con disciplina, per guadagnare il pane, perché non hanno più onesto mestiere; e nelle città che sembrano goder la pace, e dove fioriscono l'arti, gli uomini son divorati da più gare, più pensieri, e più inquietudini, che una città assediata non prova fiamme; le tristezze secrete sono ancor più crudeli che le miserie pubbliche.
        Voltaire (François Marie Arouet)
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          Il più felice mortale ha sparso delle lacrime. Dal miscuglio dei piaceri e delle pene risulta quel che si chiama vita, cioè un tratto di tempo determinato, sempre troppo lungo agli occhi del saggio, che deve impiegarsi a fare il bene della società, nella quale ei si trova per godere le opere dell'Onnipotente, senza ricercarne follemente le cagioni.
          Voltaire (François Marie Arouet)
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            Pigliatevi un gusto; impegnate i passeggeri a contarvi ognun la sua istoria, e se uno solo se ne trova che non abbia sovente maledetto il punto in cui nacque, e che non abbia sovente detto a sé medesimo d'essere il più infelice che viva, gettatemi a capo all'ingiù nel mare, ch'io mi contento.
            Voltaire (François Marie Arouet)
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              Ho voluto uccidermi cento volte; ma amavo ancora la vita.
              Questa debolezza ridicola è forse, delle nostre inclinazioni la più funesta.
              Perché vi è nulla di più ridicolo che di voler portar continuamente un fardello, che si vorrebbe ad ogni momento buttar giù? Di aver in aborrimento la propria esistenza, e di non poter distaccarsene? D'accarezzar finalmente il serpe che ci divora, finché non ci abbia mangiato il cuore?
              Voltaire (François Marie Arouet)
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