Scritto da: Giuseppe

Enzino e i tre ghiaccioli


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Terenzio, Terenzino, Enzino per gli amici, era un personaggio singolare. Dotato di grandi potenzialità, mancava di una dote fondamentale: il senso della misura. Qualunque cosa facesse partiva a razzo e manteneva il ritmo altissimo finché ci riusciva.
O scoppiava o arrivava primo.
Il suo motore sapeva solo andare al massimo. Sembrava quasi che non avesse il volano.
Che giocasse a pallone o corresse a piedi o andasse in bicicletta, il comportamento era sempre lo stesso: scattava staccando tutti.
A volte gli andava bene. Più spesso doveva fermarsi lungo la strada e vomitava l'anima. Dopo ripartiva con lo stesso slancio.
Di slancio era partito quell'estate del'64, dopo la messa e la meditazione del mattino (da buon seminarista, qual era, non poteva mancare a questi impegni quotidiani), per una breve biciclettata fino a Legnago e ritorno. Una ventina di chilometri che avrebbe percorso al massimo in tre quarti d'ora.
La mamma, che lo aspettava per colazione e conosceva le sue abitudini, non si sarebbe certo meravigliata di vederlo arrivare a casa alle 8 e 30.
Lo stradone asfaltato e ben ombreggiato dai maestosi platani che lo affiancavano lungo tutto il percorso, rendeva piacevole quella breve ed intensa galoppata. Anzi, provocava in Enzino ... [segue »]

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