Scritto da: Andrea Manfrè

Michele e il suo sogno vogliono lasciare il porto


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...industriava a sistemare qualche falla.
Ogni volta che alzava gli occhi verso terra si sentiva addosso sguardi beffardi, così si rivolgeva spesso al cielo osservando per pochi attimi il passaggio degli aironi cinerini remiganti lenti tra i gabbiani sparsi. Erano tornati a nidificare in quei luoghi e ne provava un intimo orgoglio. Accucciato in silenzio raschiava la vecchia vernice dal ponte, stuccava un'asse malconcia, affondava due chiodi qua e là, raccoglieva remissivo cartacce e lattine che dal molo gli gettavano dentro i ragazzi. «Beh, e allora quando finisci i lavori Miché? ». Era la voce del vecchio Sebaste che viveva alla giornata vendendo i pochi pesci pescati durante la notte. Fuori dall'acqua non capiva molto del mondo e perciò di giorno ritornava sul molo a guardare le barche e quell'enorme, malconcia imbarcazione, lo attirava parecchio. Se ne stava in silenzio per ore a osservarla, gli occhi strizzati per proteggersi dal forte riverbero e le mani strette attorno al colletto della camicia per difendersi dalle sferzate del vento. Talvolta, mentre la sua ombra si allungava sulla testa dell'uomo accucciato, ricominciava a parlare: «Miché, e quando finisci?! ». Ma non c'era risposta. Al tramonto, quando Michele scendeva a terra, si sedevano vicini ... [segue »]

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