Scritto da: Bernardo Panzeca

Il capitello infelice


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...vennero più, le botteghe chiusero una dopo l'altra e molti cittadini se ne andarono. Poco alla volta la città si spopolò sempre più e nel corso degli anni non rimase più nessuno. Pit si ritrovò da solo con a fianco lo starnuto e l'incuria più totale. Anche il suo amico piccione aveva preferito andare via – i topi oramai si erano insediati e restare ancora era diventato rischioso. La città divenne negli anni una città fantasma, Pit era diventato vecchio, pieno di crepe e con la sola voglia di riabbracciare la propria famiglia. Padre e madre erano stati due capitelli ionici di assoluta bellezza, scomparsi in seguito ad una disgrazia. Durante un restauro, un bulldozer distratto, li colpì radendoli completamente al suolo. Pit pregò in silenzio così tanto, aveva tanta voglia di rivederli, che un bel dì un forte boato tuonò in città. Tutto quanto tremò. Palazzi, chiese e monumenti, barcollarono come fossero abeti in balia del vento. I topi, tutti quanti, di gran fretta fuggirono via, e Pit, per niente timoroso, trovandosi una grande e immensa ombra al suo cospetto, chiese: "chi sei?". "Sono il terremoto, mi mandano i tuoi genitori e sono venuto a prenderti" rispose l'imponente ombra. Pit non credette ai propri occhi, e dopo tanti anni di silenzio e tristezza, fu felice di crollare di gioia.

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