Scritta da: Umberto Zavagno

La camicia

Solo una camicia, sempre quella
ti vedevano entrare
qualcuno si girava
uno sbuffo o un cenno col capo
occhiate, sorrisetti
impavido sedevi al tuo posto
consumavi il cappuccino con piacere
poi leggevi di questo mondo gli affanni
non sanno cosa possiedi e quello che eri
eri solo un povero diavolo
uno dei tanti perditempo
che affollano bar e panchine
quella camicia è l'unico ricordo
la tenesti con cura
dentro il profumo che sbiadiva nel tempo
lentamente si confondeva col tuo
in quel giorno freddo di pioggia
la avvolsi sulle sue umide spalle
lei capì che l'amavi
ma oltre non si poté andare
il cuore non appartiene alla legge
la camicia la tenne
come si tiene un anello al dito
te la rese prima di partire
negli occhi tante emozioni
e un bacio mai dato.
Quando il soffio della vita se ne andrà
di te rimarranno tanti vestiti
ma quello che conta
sarà solo la carta stampata
e le firme dal notaio
nei soldi non c'è scritto chi eri
per questo è meglio che scrivi
qualcuno saprà quanto l'amavi.
Composta giovedì 15 aprile 2010
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    Scritta da: Umberto Zavagno

    Un pennello nero

    L'acqua trascina il liquame
    e
    fra colori diversi dal verde
    un bimbo emerge gridando eccitato
    nella mano stringe una bambola
    dalla riva fra scatole e altro
    un cenno e un sorriso
    se passano aerei e carri
    non sono rovine diverse
    sempre qualcuno osa un sorriso
    così riprende la vita.

    Fra tanto non senso
    credere che un Lazzaro risorga
    alle parole dello speculatore
    o al direttore del personale
    la scienza del sorriso
    non è quella di un bambino
    quei dentini non vedono inganni
    il sole e l'azzurro del cielo
    le braccia aperte e le corse
    ma
    c'è sempre un pennello nero.

    Tanti scrittori e poeti
    bastano frasi d'amore?
    Tutte cose che imbrattano tele
    ma il cuore cammina solo
    dal piedistallo la statua tenace
    fissa e si compiace
    sulla spiaggia
    carta, plastica, lattine
    tutto appare normale
    finché la corsa del bimbo
    si spegne in un pianto
    un vetro ha fatto la sua vittima
    ma un bimbo
    ha negli occhi il sole e il cielo
    il sorriso ritorna disattento
    riprende la vita
    e anche
    quel pennello nero.
    Composta lunedì 7 giugno 2010
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      Scritta da: Umberto Zavagno

      Nella pozza

      Goffamente la preda si muove nella pozza
      occhi sbarrati la fissano avidi
      una penna disegna grafi
      dietro voci discutono ricavi
      una pala si affonda nel buio
      il carro già pieno si allontana

      le voci tacciono gustando il filetto balsamico
      la mano lascia la penna e accarezza un giovane viso
      la pala riposa, braccia stanche avvolgono una donna
      nella pozza ora c'è pace e il leone anche riposa
      ogni tavola ha avuto la sua festa
      in qualche tavola solo un piatto

      lontano dal mondo
      occhi stanchi misurano il tempo
      buffi di luce si disperdono fuori
      l'energico incastro dell'ignoto inizio
      lo scienziato si compiace
      il gioiello mortale è pronto

      nei volti le rughe sono film di lotta
      nelle mani testimonianze di un lavoro
      nella pozza vale la sua legge
      dopo ogni tributo torna la pace
      le gazzelle si abbeverano quiete
      netti sono i giochi delle parti

      sono tante le rughe e le ferite
      nei palmi o nel viso scolpite
      come tante le strade dal vivere aperte
      una mano scura pulisce una gemma
      fra la polvere e il buio altri pensieri si uniscono
      dal programma compilato finalmente l'output
      dita sottili muovono e voci applaudono

      gli occhi del leone sono fissi
      fissi e attenti quelli del minatore
      il sistemista non perde lo schermo
      raggiungere deve ciò che vuole
      fissi di tutti gli occhi
      il medico che cura le tue ferite
      il contabile che distribuisce i fondi

      le rughe parlano per noi
      ma i giochi non sono chiari
      ognuno arriva al suo fine
      verso una cima salendo trascino l'amico
      insieme si arriva o si ferma
      perché il gioiello mortale allora?

      Il leone guarda i bufali annoiati
      il suo odore fermo tranquillizza
      semplice la vita nella pozza
      in fredde stanze spendiamo la nostra vita
      le nostre carte si disperdono in mani sconosciute
      ma alcune rughe si perdono nel vizio e nel riso
      ecco l'uomo diventa una palla ingombrante

      l'ameba si spande e si accoppia
      più importa il fine iniziale e remoto
      ognuno diventa leone con iene attorno
      inizia la caccia al diverso
      deriso, affamato, confinato nella sua miniera
      nessun limite al ghetto
      il gioco è quello del leone quando caccia

      noi non cacciamo per fame
      l'orgoglio deforme ci spinge lontano
      ma, fra mosche, turpitudine e altre amebe
      incurante una mano ferma opera e cuce
      attende paziente pulendo un pallido volto
      il occhi si aprono e... un sorriso...
      sarebbe così semplice la vita.
      Composta sabato 3 aprile 2010
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        Scritta da: Umberto Zavagno

        Nel prato

        Lì nel prato era sbocciato
        fra tanti... poco splendore
        passarono allora dei ragazzi
        risa e canti per il loro amore
        del rosso giallo blu fecero mazzi
        lui rimase solo e disperato
        finché di lì passò un ape
        pronta disse, tuffandosi dalla rupe

        mi ha salvato il sentore che emani
        nella mia casa il tuo nettare
        vedrai finirà in buone mani
        ti dono questa polvere
        che per te sarà domani

        era bella l'orchidea
        come i fiori di quel prato
        bello tutto ciò che i sogni accompagna
        più se volano sulla linea del rigore
        ogni vita corre il progetto
        tranne l'uomo che tutto devia
        ride e sogna, non come un fiore
        di ogni cosa anche viva lui dispone
        di ogni senso elude il senso
        rari sono come quelli
        che... spingendo... sussurrano...
        si figlio mio ovunque vuoi.
        Composta domenica 16 maggio 2010
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          Scritta da: Umberto Zavagno

          Fra il bene e il male

          Stanno lì nascosti
          ora rifulge uno
          ora prorompe l'altro

          immersi in questi pensieri
          ne usciamo vincitori
          siamo giudici e vediamo meglio
          un sorriso libera ogni difesa
          un urlo... ecco la maschera peggiore
          nella mente il nostro ordine

          l'iperbolica traiettoria
          origina la nostra attenzione
          qui il giudizio diventa diverso, inquinato
          anche chi... traccia profonda ha lasciato
          parlando di umiltà e d'amore
          con un povero fico se la prese

          quando ti aspetti il dominio
          ma la donna non cede il velo
          il fumo dell'ira copre la vista
          così ogni cosa che l'ordine non rispetta
          incendia dell'uomo l'animo

          solo abramo accettava
          con dolore di donare la parte migliore
          questo è quello che abbiamo perso
          non sappiamo più attorno a chi ruotiamo
          siamo tanti e negli occhi
          non più il ritmo della natura

          nel deserto si parano ombre nere
          escono al rumore
          le mani tese per l'acqua o la medicina
          ti guardi in giro
          tre mesi all'anno non vedi nulla
          loro lì a dipingere quel quadro

          noi pure tingiamo tele
          il pennello migliore è se guardiamo dentro
          almeno a uno non puoi mentire
          se usassimo tutti i colori
          non avremmo fili spinati
          non ci sarebbe Gaza e Nagasaky.

          Esce spesso il nero
          come dalla bocca il veleno
          scegliamo anche il rosso
          a volte tanto che non sappiamo quanto
          gli altri spesso come fondo
          che copriamo o nascondiamo

          siamo tanti pittori
          dentro di noi quel maledetto ordine
          spesso usiamo un solo colore
          una traiettoria diversa
          un sorriso diventa un urlo
          eppure siamo fatti per stare insieme.
          Composta sabato 15 maggio 2010
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            Scritta da: Umberto Zavagno

            Tra il bene e il male

            Stanno li nascosti
            ora rifulge uno
            ora prorompe l altro

            immersi in questi pensieri
            ne usciamo vincitori
            siamo giudici e vediamo meglio
            un sorriso libera ogni difesa
            un urlo... ecco la maschera peggiore
            nella mente il nostro ordine

            l'iperbolica traiettoria
            origina la nostra attenzione
            qui il giudizio diventa diverso, inquinato
            anche chi... traccia profonda ha lasciato
            parlando di umiltà e d'amore
            con un povero fico se la prese

            quando ti aspetti il dominio
            ma la donna non cede il velo
            il fumo dell'ira copre la vista
            cosi ogni cosa che l'ordine non rispetta
            incendia dell'uomo l'animo

            solo Abramo accettava
            con dolore di donare la parte migliore
            questo è quello che abbiamo perso
            non sappiamo più attorno a chi ruotiamo
            siamo tanti e negli occhi
            non più il ritmo della natura

            nel deserto si parano ombre nere
            escono al rumore
            le mani tese per l'acqua o la medicina
            ti guardi in giro
            tre mesi all'anno non vedi nulla
            loro li a dipingere quel quadro

            noi pure tingiamo tele
            il pennello migliore è se guardiamo dentro
            almeno a uno non puoi mentire
            se usassimo tutti i colori
            non avremmo fili spinati
            non ci sarebbe gaza e nagasaky.

            Esce spesso il nero
            come dalla bocca il veleno
            scegliamo anche il rosso
            a volte tanto che non sappiamo quanto
            gli altri spesso come fondo
            che copriamo o nascondiamo

            siamo tanti pittori
            dentro di noi quel maledetto ordine
            spesso usiamo un solo colore
            una traiettoria diversa
            un sorriso diventa un urlo
            eppure siamo fatti per stare insieme.
            Composta giovedì 13 maggio 2010
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              Scritta da: Umberto Zavagno

              Le mani

              Quella mano scivolava e tornava
              e sul seno si fermava un istante
              come costretta a un incrocio
              subito rifuggiva inseguendo un brivido
              coprendo le distanze del tuo essere
              modellandolo quasi fosse creta

              quella mano cercava i tuoi sensi
              giocando con le tue estremità
              risaliva come il sangue nelle vene
              sino alle tue labbra
              non badava al sollevarsi del tuo seno
              spostava un ricciolo nero
              e si confondeva nei tuoi capelli
              continuava così come un soffio di vento
              con passione
              i tuoi sospiri e la tua pelle
              rispondevano come corde di un violino

              ma il violino è sparito, rubato disperso
              confuso il suonatore si guarda le mani
              sono io che ho perso le note?
              In quella mano
              ogni creatura si è persa
              dalla testa di un gatto
              fino all'orrido ramarro

              quella mano non conosce vendetta
              ora si perde seguendo strade diverse
              cede ad abbagli di idee senza colori
              fugge e si infila in fredde fessure
              per salire più in alto possibile
              cerca l'azzurro dove ci incontrammo

              fila di formiche si avvicinano
              forse con lo stesso pensiero
              emergendo dalle nuvole a valle
              visi sudati e occhi
              che l'aria piu'pura rende più chiari
              energie disperse si dice per niente
              ma il ridere ci ha resi diversi

              la nostra vita complessa aumenta gli scopi
              inseguendo questi fini ci si perde
              contando denaro e comodi oggetti
              dei quali noi schiavi ci rendiamo
              l'amore e il riso lo otteniamo comprando
              o in un rapido giro di danza

              non rinnego questi piaceri
              ma aspiro a qualcosa più puro
              qualcosa che metta radici profonde
              lacrime vere per chi soffre e a fame

              Russel diceva:
              "il meglio è chi sta in silenzio accanto"

              puoi stare in silenzio
              su distese di colline e mari trasparenti
              non se vedi le rovine che causiamo
              vorrei trovare mani diverse
              non tanto per suonare ancora
              solo tenere accesa la scintilla
              per un mondo migliore.
              Composta mercoledì 14 aprile 2010
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                Scritta da: Umberto Zavagno

                l elicottero

                Ogni volta che sento il rumore
                distolgo lo sguardo
                e mi stringe il cuore
                forse eri uno di quelli
                che cantava e rideva nell'ombra
                o parlava di abissi e ghiacciai
                forse ho sentito il tuo sudore
                ti ho incrociato lungo la via
                di sicuro eri un amico
                pronto a dividere il succo o il pane
                con chi accetta la sfida
                non importa se qualcosa fuggivi
                se trovavi difficile chiarire
                in questo mondo dove ognuno vuole
                difficile trovare l'intesa
                ma qui si trova l'accordo
                avendo un solo nemico
                non e'la montagna che gelida o calda si offre
                come una donna distesa dormiente
                che devi sfiorare con cura
                altrimenti con ira si volta
                ma l'amaro destino
                che ognuno attende
                anche dietro una porta.
                Composta sabato 13 marzo 2010
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                  Scritta da: Umberto Zavagno

                  Notte brava

                  La coca è ancora li
                  anche tu
                  ma non sul tavolo
                  nuda
                  gambe aperte
                  il sangue che ti cola
                  la bottiglia vuota
                  le braccia inerti
                  le bolle che ti escono
                  fai schifo
                  son caduto in basso
                  quel ventre molliccio
                  le tette flosce
                  fortuna la vista è andata
                  non vedo la pelle grinzosa
                  le tue cosce sembrano cuscini
                  vorrei raggiungerti ancora
                  la stanza non sta ferma
                  guardo le mie mani
                  conto
                  meglio prendere la scopa
                  sei pesante da spazzare
                  rotoli giù
                  le corde del mocio
                  son meglio dei tuoi capelli
                  il divano è lì
                  ormai da buttare
                  protesti per terra
                  le gambe scomposte
                  allunghi una mano
                  la bottiglia è vuota
                  rotola lontano
                  mi guardo in basso
                  fra una cosa e l'altra
                  ancora è servito
                  il bianco e il blu
                  fanno un bell'effetto
                  entrasse mia suocera
                  sarebbe la fine.
                  Composta mercoledì 10 gennaio 2001
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                    Scritta da: Umberto Zavagno

                    Amarezza

                    Ecco la pioggia che bagna la terra
                    la goccia penetra
                    la terra cambia colore
                    sembra aprirsi
                    come vorrei aprire la tua bocca
                    incontrare la tua lingua
                    ma sei come un muro
                    la pioggia scivola via
                    cade su terra morta
                    dove mai nascerà un fiore
                    si perdono baci e pensieri
                    in gente che vive solo se stessa
                    una mano si alza dal mare
                    come spighe rare in un campo incolto
                    cercando un aiuto umano
                    ma l'umano gioca solo per se stesso
                    è dura la lotta per essere giusti
                    l'amore è solo per uno?
                    Non siamo solo una goccia
                    siamo anche una storia
                    la goccia nasce e finisce
                    la storia son milioni di gocce
                    non vanno disperse nel mare
                    così parole d amore e di pace
                    fanno grande l'umano teatro
                    come dalle gocce che cadono bene
                    può nascere un fiore
                    così la storia continua
                    così dal nulla vive qualcosa
                    che strano
                    piacere ognuno prova
                    dormire in un campo di fiori
                    già
                    come la stessa mano è pronta
                    una ruspa a guidare.
                    Composta martedì 17 novembre 2009
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