Scritta da: Salvatore Tortora

Uomo

Nei dannati cieli di porpora e violetto
Vedo quella cagna
Nelle sottile aria di un deserto di diamanti
Vedo quella troia
Nelle viscere infiammate del dio ingordo
Mi preparo alla diarrea del destino
All'apocalittica puzza del Fato
Alla malattia del Cosmo
Questa piaga per la Primavera ha un nome
Questo nome inizia per U
Questa parola finisce per O
In mezzo ci sono una O e una M
Uomo dalla diarrea tonante
le viscere infiammate
e il Dio malato.
Composta venerdì 10 marzo 2017
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    Scritta da: Salvatore Tortora

    Il muro

    Guardo il muro
    alto e possente
    davanti a me.
    Gli do un pugno
    ma esso non ne risente
    mentre dalla mia
    fragile mano
    di uomo
    scende la linfa
    che scorre
    nelle mie vene.
    Noto subito
    una piccola crepa
    nelle alte mura.
    Prendo un martello
    di duro ferro
    e raccolte le forze
    che mi son rimaste
    in corpo
    colpisco il mio silenzioso
    e inespressivo nemico.
    Un tonfo
    poi altri rumori
    che si susseguono
    veloci come
    i canti dei grilli
    nelle notti estive.
    Il muro è crollato!
    Faccio un passo
    oltre le macerie
    e vedo il volto
    di mio fratello.
    Figli della stessa madre,
    avente il mio
    stesso sangue
    nelle vene,
    avente il sangue
    degli uomini
    che son morti
    uccisi da altri uomini
    perché di idee diverse.
    Represso nel corpo
    e nello spirito
    mio fratello mi guarda
    con occhi spenti.
    Forse non riconosce
    un suo consanguineo?
    Mentre dietro di me
    altri miei fratelli
    fanno crollare
    altri punti
    dell'alto muro.
    Mi avvicino a lui
    gli prendo le mani
    e le porto
    al mio volto.
    I suoi occhi
    fissi nel vuoto
    sembrano stelle
    ormai spente
    nella volta celeste.
    Altri come il mio
    fratello perduto
    hanno la stessa reazione
    con i propri compagni
    ritrovati dopo tanto tempo.
    Un mio urlo potente
    sembra svegliare
    per un attimo
    il mio mite fratello
    da quel sonno indotto
    da spietati aguzzini.
    Mi guarda negli occhi
    e riconosco per un momento
    quel fuoco ardente,
    simbolo di vita, bruciare
    ancora una volta.
    Poi cade a terra
    le gambe più non reggono
    il peso della disperazione
    messo sulle sue spalle
    da squallidi individui.
    Sputa un fiotto
    di sangue scarlatto
    che sporca il mio abito.
    Prendo la mia giacca
    e la poso su quelle
    che un tempo
    erano spalle forti.
    Mi abbasso
    e mi siedo anch'io
    sulle ginocchia.
    Avviciniamo le nostre fronti
    e ci guardiamo
    negli occhi.
    Calde lacrime
    scorrono
    sul suo scarno viso
    e lo stesso succede a me
    dopo qualche secondo
    passato a guardare
    il mio adorato fratello.
    Poi il suo respiro
    d'un tratto si ferma
    e rilascia su di me
    ii suo ultimo
    alito di vita
    pronunciando per la prima
    e ultima volta
    il mio nome.
    Si stende su un fianco
    in modo quasi elegante
    come se la morte
    gli stesse dando sollievo.
    Guardo il suo corpo,
    inorridito, poiché vedo
    i segni delle torture
    che quelle bestie
    gli hanno inferto.
    Oggi un altro
    dei miei fratelli
    è morto.
    Il silenzio riecheggia
    nello sterminato campo.
    Composta venerdì 21 ottobre 2016
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