Scritta da: Nadia T.

Il vento delle ragazze

Era là in fondo alla strada, dopo la curva, la piazza:
meta obbligata, contatto col mondo,
legame di considerazione, seduzione totale.

C'erano sedie impagliate, sgangherate
davanti a porte con le volte,
donne con il ricamo in mano sedevano raccolte.

Sotto pergole d'edera ve n'erano altre
dove oziavano uomini,
tra odor di ristretto e nazionali
giocavano a carte.

L'aria stagnava nella piazza
ed il tempo passava lento.

Ma dalle case vicine
scoppiettare di risa si alzava,
s'insinuava nell'aria, diventava vento.

Era attesa di un giorno,
desiderio appagato, impazienza vincente.
Era sfida, era audacia,
era anelito di cambiamento.

Poi, da spiragli di porte,
da cortili assolati,
sospinte dal vento che eccita i sensi
e spalanca coscienze,
le ragazze, dentro jeans affusolati,
lavati e stropicciati,
volavano verso la piazza.
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    Scritta da: Nadia T.

    I pomeriggi

    E grida e corse,
    giù per i solchi del campo
    tra il gelo e la brina
    e l'offesa arrecata nel profumo di mele.

    E grida e corse,
    la pedalata arrivava
    dove il cielo toccava i gorghi dell'acqua
    e la nebbia si alzava dalla melma pestata.

    E grida e corse,
    parti inventate poi ruoli scambiati
    e la pelle scottava
    ma non per la ruvida lana

    e grida e corse,
    così poco importava se il sangue pulsava,
    gonfiando ciliege alle dita,
    e la bugia inventata sarebbe bastata.

    E grida e corse,
    domani una nuova giornata
    sarebbe arrivata,
    offrendomi donna alla vita.
    Composta nel gennaio 2009
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      Scritta da: Nadia T.

      Briciole

      Con un gesto della mano scossi dall'animo
      ultime briciole di compassione,
      decisa per non provar tormento,
      veloce per non aver lamento,
      e d'indifferenza poi cosparsi il corpo.

      Adesso non capisco quest'uggia dentro
      che ondeggia col mio passo e segue il movimento
      anche solo per un tratto, forse è già tanto,
      e questo dondolio riporta l'imbarazzo,
      mi assale lo sgomento che credevo perso.

      Perso,
      negli occhi del deserto, color del caramello,
      su corpi levigati, vissuti come fardello,
      dietro cesti e fazzoletti, tra piedi e motorini.

      Perso,
      negli occhi dilatati di figli troppo amati,
      cresciuti senza sogni, leggeri di speranze,
      ma di pretese colmi.

      Perso,
      negli occhi trasparenti e lenti
      che non san più ricordare
      e per chi raccontare.

      Perso,
      negli occhi non aperti di corpi ancora acerbi
      che aspettano la notte per potersi addormenare
      ed in sogno, forse, giocare.

      Perso,
      negli occhi di farfalle dalle ali appiccicate
      che guardano discrete senza mai tentare un volo.
      Composta nel marzo 2009
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