Le migliori poesie inserite da Gabriella Stigliano

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Scritta da: Gabriella Stigliano

Sussurri di morte celeste

Sussurri di morte celeste odo sommessi,
labiali dicerie della notte, sibilanti corali,
passi che gentilmente salgono, mistiche brezze dall'alito mite e soave,
gorgoglii di fiumi invisibili, flussi d'una corrente che scorre, eternamente
scorre
(o è sciacquettio di lacrime? Le smisurate acque delle lacrime umane?).
Vedo, vedo appena verso il cielo, grandi masse di nuvole,
malinconicamente lente ruotano, silenziose si espandono, si fondono
con qualche stella ogni tanto che mesta appare e scompare,
velata, lontanissima.
(O forse un parto, qualche solenne nascita immortale;
ai confini impenetrabili alla vista,
un'anima che passa).
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    Scritta da: Gabriella Stigliano

    La sera

    Come una indefinibile fata d'ombre
    vien da lungi la sera, camminando
    per l'abetaia tacita e nevosa.
    Poi, contro tutte le finestre preme
    le sue gelide guance e, zitta, origlia!
    Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
    Siedono i vecchi, meditando. I bimbi
    non si attentano ancora ai loro giochi!
    Le madri stanno siccome regine.
    Cade di mano alle fantesche il fuso.
    La sera ascolta, trepida pei vetri:
    tutti, all'interno, ascoltano la sera.
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      Scritta da: Gabriella Stigliano

      Inni alla notte e cantico dei morti

      Noi sogniamo di viaggi per l'universo:
      ma l'universo non è forse dentro di noi?
      Noi non conosciamo gli abissi del nostro spirito.
      La via segreta che conduce all'interno.
      In noi, e in nessun altro luogo,
      sta l'eternità con i suoi mondi, il passato e il futuro.
      Il mondo esterno è il mondo delle ombre,
      e getta le sue ombre nel regno della luce.
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        Scritta da: Gabriella Stigliano

        Fresche di fiumi in sonno

        Ti trovo nei felici approdi,
        della notte consorte,
        ora dissepolta
        quasi tepore d'una nuova gioia,
        grazia amara del viver senza foce.

        Vergini strade oscillano
        fresche di fiumi in sonno:

        E ancora sono il prodigo che ascolta
        dal silenzio il suo nome
        quando chiamano i morti.

        Ed è morte
        uno spazio nel cuore.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano

          Vieni con me

          Vieni con me!
          Devi affrettarti però -
          sette lunghe miglia
          io faccio ad ogni passo.
          Dietro il bosco ed il colle
          aspetta il mio cavallo rosso.
          Vieni con me! Afferro le redini -
          vieni con me nel mio castello rosso.
          Lì crescono alberi blu
          con mele d'oro,
          là sogniamo sogni d'argento,
          che nessun altro può sognare.
          Là dormono rari piaceri,
          che nessuno finora ha assaggiato,
          sotto gli allori baci purpurei -
          Vieni con me per boschi e colli!
          tieniti forte! Afferro le redini,
          e tremando il mio cavallo ti rapisce.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano

            Non solo il fuoco

            Ahi, sì, ricordo,
            ahi, i tuoi occhi chiusi
            come pieni dentro di luce nera,
            tutto il tuo corpo come una mano aperta,
            come un grappolo bianco della luna,
            e l'estasi,
            quando un fulmine ci uccide,
            quando un pugnale ci ferisce nelle radici
            e una luce ci spezza la chioma,
            e quando
            di nuovo
            torniamo alla vita,
            come uscissimo dall'oceano,
            come tornassimo feriti
            dal naufragio
            tra le pietre e l'alghe rosse.
            Ahi, vita mia,
            non solo il fuoco tra noi arde,
            ma tutta la vita,
            la semplice storia,
            l'amore semplice
            di una donna e d'un uomo
            uguali a tutti gli altri.
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              Scritta da: Gabriella Stigliano

              Pensiero, io non ho più

              Pensiero, io non ho più parole.
              Ma cosa sei tu in sostanza?
              qualcosa che lacrima a volte,
              e a volte dà luce....
              Pensiero, dove hai le radici?
              Nella mia anima folle
              o nel mio grembo distrutto?
              Sei cosi ardito vorace,
              consumi ogni distanza;
              dimmi che io mi ritorca
              come ha già fatto Orfeo
              guardando la sua Euridice,
              e cosi possa perderti
              nell'antro della follia.
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                Scritta da: Gabriella Stigliano
                Sono irrequieto.
                Sono assetato di cose lontane.
                La mia anima esce anelando
                di toccare l'orlo
                dell'oscura lontananza.
                O Grande Aldilà,
                oh, l'acuto richiamo del tuo flauto!
                Dimentico, sempre dimentico,
                che non ho ali per volare.
                Sono impaziente e insonne,
                sono straniero in una terra straniera.
                Il tuo alito mi giunge sussurrando
                una impossibile speranza.
                Il mio cuore comprende il tuo linguaggio
                come fosse lo stesso ch'egli parla.
                O Lontano-da-cercare,
                oh, l'acuto richiamo del tuo flauto!
                Dimentico, sempre dimentico,
                che non conosco la strada,
                che non ho il cavallo alato.
                Non c'è nulla che desti il mio interesse,
                sono un vagabondo nel mio cuore.
                Nella nebbia assolata delle languide ore,
                quale visione grandiosa
                prende forma nell'azzurro dei cielo!
                O Meta Lontanissima,
                oh, l'acuto richiamo del tuo flauto!
                Dimentico, sempre dimentico,
                che tutti i cancelli sono chiusi
                nella casa dove vivo solitario!
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                  Scritta da: Gabriella Stigliano

                  Il giardino d'amore

                  Nel giardino d'amore un giorno entrai,
                  e vidi cosa mai veduta prima:
                  una cappella eretta proprio al centro
                  del prato ove ero solito giocare.

                  Essa aveva cancelli ben sprangati,
                  "tu non devi", era scritto sulla soglia;
                  io al giardino d'amore mi rivolsi,
                  che tanti fiori aveva generato;

                  io lo vidi di tombe tutto ingombro,
                  ed al posto dei fiori v'eran lapidi;
                  e preti neri intorno, ad imbrogliare
                  tra spini i miei piaceri e desideri.
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