Scritta da: annysea

Ansia di cielo mi prende

Ansia di cielo mi prende
tra le pareti ottuse,
ignoro sempre che sapore avrà
quel quadrato d'azzurro
oltre le nubi.
Il cuore m'arde
nella gabbia di un petto
e immensi orizzonti attendono
il tocco lieve delle mie dita.
Ma questa notte
s'è compiuto un prodigio,
ho sentito nel silenzio
i battiti appassionati del mio cuore,
e ne ho avuto timore!
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: annysea

    Se avessi un paio di ali

    Se avessi un paio d'ali le vorrei forti, possenti,
    capaci di sopportare
    le fatiche di una trasvolata....
    Volerei in cerca di terre e di luoghi immateriali
    dove non vige la dittatura del tempo.
    Raccoglierei le stelle con la pertica del solo pensiero
    arriverei a toccare la linea di discrimine
    dell'inarrivabile orizzonte.
    Mi trastullerei sui crinali delle onde più altezzose.
    Planerei in picchiata a mescolarmi con un mare di delfini...

    Vorrei essere angelo e gabbiano,
    Piume bianche indosserei, avrei nell'armadio una sola livrea,
    una impalpabile di spirito e seta
    una di piuma e sale,
    quello che si raccoglie nelle vigne del mare.
    Composta martedì 10 gennaio 2012
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: annysea

      L’uomo degli aquiloni

      L'uomo che imitava gli aquiloni
      aveva braccia grandi di sequoia.
      Si misurava in gioco, ogni giorno, verso sera
      con gli uccelli migratori.
      Attraversava nubi di brina
      E si bagnava le piume dell'anima
      Con le gocce cadute dagli arcobaleni sbiaditi
      Si dava appuntamento nel bosco delle betulle
      Ad imitare il rosso del fogliame.
      Scricchiolava la sua anima
      come ramo spezzato
      che ardeva di gemme inesplose
      Contava quanti passi lo separavano
      Dallo sguardo delle sue amate ninfe.
      L'uomo che imitava gli aquiloni
      Non aveva un nome proprio,
      si chiamava da solo con un nome nuovo
      ogni primavera.
      Quando s'innalzava troppo in alto
      Soffriva di vertigini
      Sognava di vedere cose nuove,
      cose che sulla terra non esistono,
      Cose che destavano di stupore alle sue stesse pupille,
      socchiudeva le palpebre e vedeva paradisi di braccia tese.
      Braccia come ramaglie di querce ed ulivi
      Braccia come grovigli di nasse

      Come reti che sognano mari aperti e pescosi.
      Braccia come baci che ti stringono.
      Braccia come catene che ti legano,
      braccia come passaporti aperte alle frontiere dell'amore,
      braccia come lasciapassare in un mondo di accoglienza.
      L'uomo che imitava gli aquiloni si assentava spesso,
      metteva il cartello "closed" e spariva per mesi interi.
      Era naufrago su rive azzurre e piane.
      Era seduto sotto palmeti di quiete.
      L'uomo non ricordava mai il suo nome,
      se glielo chiedevi ci doveva pensare su qualche momento,
      poi scrollandosi le ali coperte di brina
      ti fissava dritto negli occhi e ti diceva un nome,
      uno di un altro, un altro e non il suo.
      L'uomo che imitava gli aquiloni era un mistero persino a se stesso,
      non aveva nome, né carta d'identità, ne domicilio, né dimora,
      né cane, né donna, né amori.
      L'uomo che imitava gli aquiloni abita nel mio sogno ricorrente.
      Io lo chiamo con un nome misterioso
      Il suo nome è quello di un principe, un principe folle,
      di nome Wolfang.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: annysea

        L'ultima canzone

        Mi rincorre l'ombra del Tempo
        e mi proietta viali di gattici
        sotto una coltre di silenzio.

        - Ma non ho scritto ancora
        l'ultima canzone,
        sul dondolo della luna
        pende l'ultimo verso –

        Mi attanaglia l'ansia del domani
        quando, spento il video del giorno,
        rincorrerò aquiloni sfuggitimi di mano.

        - Ma non ho scritto ancora
        l'ultima canzone,
        sul labbro tumido d'innocenza
        intingo pennini prosciugati –

        Nel giardino d'inverno c'è del filo spinato....
        Chi coglierà la rosa ch'è sul ramo più alto?
        Solo un passero amico me la chiede in sposa.

        - Ma non ho scritto ancora
        l'ultima canzone
        in un labirinto di parole
        il mio verso rimane prigioniero –

        Il mio pendolo antico
        mi scandisce ultimatum.

        "Ho deciso, svendo tutto.
        Chi vuol cantare girotondi
        con le rime delle mie poesie?"

        - Avrò scritto per i bimbi
        la mia ultima canzone -.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: annysea

          Presenza o delirio?

          Un lento fluire
          di luce
          convoglia l'attesa
          sul selciato.

          Si posa
          sui petali caduchi,
          sulle foglie.

          Nell'aria si avverte
          presenza indefinibile,
          tra un volo basso
          di gazze
          ai bordi dei tratturi.

          Tutto è rimasto
          inalterato.
          Smemora il ricordo
          su una vetta aguzza
          di tiglio.

          Presenza o delirio?
          La tua voce
          nella quiete
          smuove l'aria.
          Composta giovedì 7 giugno 1990
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: annysea

            Pesca miracolosa

            Gioca con me,
            vieni a sederti a riva...
            affonda le tue dita
            in quella culla liquida
            lascia cadere briciole
            di poesia
            di pianto
            di follia.

            Vedi già si accalcano
            gli azzurrini pesci
            fanno a gara per entrare
            nella miracolosa rete dei tuoi occhi.

            Siediti accanto a me,
            per qualche ora appena,
            prima che giungano
            le ombre della sera

            e mi oscurino
            la luce dei tuoi occhi,
            misteriosi e dolci,
            che fanno a gara
            col luccichio delle sirene e onde.
            Composta domenica 15 agosto 2010
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: annysea

              Di te novembre amo

              Di te novembre amo il debole sole
              che a stento s'incunea
              tra i filari denudati
              e grondanti nostalgie
              di festeggiate vendemmie.

              Di te amo il tiepido vento
              che filtra tra le fronde degli agrumeti,
              intriganti e complici ad ingrossare spicchi,
              come turiboli di liquido sorriso
              della dea Cerere.

              Amo la zolla rorida di brina
              che al mattino s'imbeve
              come biscotto dorato nel tiepido
              raggio affacciato
              tra le balaustre del giorno.

              Di te amo il profumo del castagneto,
              il suono dei passi sul tappeto
              di foglie porporine
              che ridono scricchiolando
              come fossero fanciulle sbarazzine.

              Di te talvolta amo
              quel sole gagliardo, vetusto e generoso
              quasi fosse un vegliardo
              che ama sostare pensoso
              sul suo affabulante limitare,
              e rimirasi intorno
              in cerca di qualcosa da stupire,
              in cerca di qualcuno da scaldare.
              Composta giovedì 19 novembre 2009
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: annysea

                Il Mio Nome è Anna

                Il mio nome è Anna,
                intreccio rafia di parole
                per farne liane per i sogni...
                catene di versi che mi trattengano
                al ramo della vita...
                ma qualunque nome io abbia
                sono un fiato tra mille
                ad alimentare il calore
                di un sole sfigurato.
                Il mio nome è amore
                per chi ne voglia raccogliere
                con mani di tristezza,
                e farne sorrisi per i nuovi giorni...
                Io sono la Luna inafferrabile,
                sono la marea che sciaborda
                nelle tue insonnie,
                sono la folata di vento
                che ti sfiora senza toccare
                la tua pelle sudata di lacrime.
                Sono la chiarità delle stelle agostane,
                la conchiglia che riconduce echi lontani...
                Io sono io! Un fiato leggero
                che soffia sulle nubi della lontananza
                e accorcia distanze planetarie.
                Ho il sapore dei cibi genuini,
                delle risate innocenti...
                Sono Una, Nessuna e Centomila volte Anna,
                e assommo tutte le qualità e i vizi e le virtù
                di tutte le Anne inquiline dell'emisfero abitabile.
                In me trovano spazio le distese d'Irlanda,
                le steppe, le savane e i deserti
                di tutti i continenti, con la paura di vivere io vivo
                e la voglia inappagata di volare.
                Intrecciando cordame di licheni,
                con lame di ricordi affetto fichi
                e li dispongo come bimbi alla carezza dorata del sole,
                io sono l'uva dei vigneti
                che ammicca dalle spalliere disposte come vetrine
                sui tratturi che costeggiano i mattini.
                Sono la sirena sentinella che attende il ritorno a riva
                dell'ultimo marinaio con le nasse degli occhi
                colmi di pesca miracolosa,
                sono Anna dal ventre di terra e tu?
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: annysea

                  La stagione delle nevi

                  Agili le tue mani
                  scioglievano il nodo
                  dell'inverno,
                  il grumo di pianto
                  nella gola.
                  Seduzione di sole
                  la carezza che schiude
                  i nidi e poi le tane
                  e fa fiorire i crochi nelle aiuole.
                  L'approdo esplicitato
                  esplode con la cascata di glicini
                  al balcone.
                  È tempo di riporre l'arcolaio
                  che aggomitolò
                  la stagione delle nevi.
                  Amore,
                  il tuo nome sa di acque torrentizie,
                  il tuo nome riconduce sembianze
                  dell'albero silvestre
                  che fiorisce ai margini del fiume,
                  domicilia presso la polla sorgiva.
                  Si fonde ancora
                  sogno e incantamento,
                  con un sol canto,
                  il tuo nome e il vento.
                  Vota la poesia: Commenta