Le migliori poesie inserite da annysea


Scritta da: annysea

Mamma, parola d'Amore

Mamma, il tempo chiede asilo
allo stupore delle tue pupille
e l'alfabeto attinge
alla ricchezza dei tuoi vezzeggiativi.

Mamma, tu detieni le chiavi
del sole inesauribile,
anche quando, nuvole di pianto solcano il tuo viso
e la casa sprofonda in una nebbia di silenzio.

Mamma, mi donasti un'infanzia
di pane fragrante, di acqua di fonte,
di uve passite al sole del sud.
Serbo ancora, intatta, l'innocenza
che in giorni lontani plasmasti con le tue mani
avvezze a scalare montagne di fatica.

Mani abili a cucire cieli
per i nostri aquiloni di fanciulle,
per i nostri saltelli alla campana,
nei meriggi assolati, di controra.

Mamma, riaffiora dal video dei ricordi,
il profumo di mirto dei tuoi bucati,
quel candore di percalle e di vigogna
di cui il mio Dash ultrabianco si vergogna.

Tu sai di ninne-nanne e di carezze
di inverni col braciere e di certezze,
di camiciole di tiepida flanella
per rendermi l'infanzia ancor più bella.

Mamma, sei quell'albero frondoso
che agli affanni della vita dà riposo,
e nulla chiede, nulla per sé spera,
solo un sorriso, solo una preghiera.

Mamma, parola d'amore,
sia se detta dal labbro di un bimbo,
sia se detta da un vecchio che muore.

Quale meravigliosa alchimia il cuore infiamma
ogni volta che un figlio chiama, mamma.
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    Scritta da: annysea

    Se avessi un paio di ali

    Se avessi un paio d'ali le vorrei forti, possenti,
    capaci di sopportare
    le fatiche di una trasvolata....
    Volerei in cerca di terre e di luoghi immateriali
    dove non vige la dittatura del tempo.
    Raccoglierei le stelle con la pertica del solo pensiero
    arriverei a toccare la linea di discrimine
    dell'inarrivabile orizzonte.
    Mi trastullerei sui crinali delle onde più altezzose.
    Planerei in picchiata a mescolarmi con un mare di delfini...

    Vorrei essere angelo e gabbiano,
    Piume bianche indosserei, avrei nell'armadio una sola livrea,
    una impalpabile di spirito e seta
    una di piuma e sale,
    quello che si raccoglie nelle vigne del mare.
    Composta martedì 10 gennaio 2012
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      Scritta da: annysea
      Di mare e di terra
      è impastata
      questa mia anima leggera,
      quando emula la levità dei fiocchi,
      il volteggiare di un petalo
      che danza
      staccandosi dal fiore,
      a primavera.

      Del mare ardisco mi somigli l'onda
      quando spumosa si erge
      dall'immensa massa d'acqua,
      corona di bolle leggere
      ad adornare la fronte ed i pensieri.

      Mare mi scorre,
      nelle vetuste vene
      avvezze all'incessante
      sfogliare dei calendari
      che sedimentano rughe sulla fronte,
      e riflessi cinerini sui capelli.

      Terra rossa di fertili vigneti
      mi avviluppa alla Vita,
      come vitigno appassionato
      che di catene vegetali
      mi trattiene ancora
      in questo presepe di case
      che s'imbelletta il volto
      di calcina.

      Di terra e di mare
      i miei occhi sono colmi,
      e non v'è altro per me
      se non il loro abbraccio stretto
      a farmi percepire
      l'afflato con l'Immenso
      tutt'intorno.
      Composta sabato 16 gennaio 2010
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        Scritta da: annysea

        Il Mio Nome è Anna

        Il mio nome è Anna,
        intreccio rafia di parole
        per farne liane per i sogni...
        catene di versi che mi trattengano
        al ramo della vita...
        ma qualunque nome io abbia
        sono un fiato tra mille
        ad alimentare il calore
        di un sole sfigurato.
        Il mio nome è amore
        per chi ne voglia raccogliere
        con mani di tristezza,
        e farne sorrisi per i nuovi giorni...
        Io sono la Luna inafferrabile,
        sono la marea che sciaborda
        nelle tue insonnie,
        sono la folata di vento
        che ti sfiora senza toccare
        la tua pelle sudata di lacrime.
        Sono la chiarità delle stelle agostane,
        la conchiglia che riconduce echi lontani...
        Io sono io! Un fiato leggero
        che soffia sulle nubi della lontananza
        e accorcia distanze planetarie.
        Ho il sapore dei cibi genuini,
        delle risate innocenti...
        Sono Una, Nessuna e Centomila volte Anna,
        e assommo tutte le qualità e i vizi e le virtù
        di tutte le Anne inquiline dell'emisfero abitabile.
        In me trovano spazio le distese d'Irlanda,
        le steppe, le savane e i deserti
        di tutti i continenti, con la paura di vivere io vivo
        e la voglia inappagata di volare.
        Intrecciando cordame di licheni,
        con lame di ricordi affetto fichi
        e li dispongo come bimbi alla carezza dorata del sole,
        io sono l'uva dei vigneti
        che ammicca dalle spalliere disposte come vetrine
        sui tratturi che costeggiano i mattini.
        Sono la sirena sentinella che attende il ritorno a riva
        dell'ultimo marinaio con le nasse degli occhi
        colmi di pesca miracolosa,
        sono Anna dal ventre di terra e tu?
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          Scritta da: annysea

          Mi nutro di pane, lacrime e rose

          Mi nutro di pane lacrime e rose
          per sfamare digiuni d'amore
          e restare tra i viventi.

          Le lacrime sono il mio pane
          notte e giorno,
          senza di te, amore,
          disconosco significanze di sorrisi.

          Vorrei chiederlo alle nuvole d'agosto,
          ai cespugli di corallo degli abissi...
          alle nuvole guanciali di sospiri...
          alle stelle compagne d'illusioni...

          In questa notte
          così violenta di desiderio
          così azzurra di sogni
          così nera d'illusioni
          vorrei sostare su una panchina di nuvole
          per narrarti le cose
          che non ho mai detto
          nemmeno al mio cuore gitano.

          Vorrei sfogliare la rosa
          che appassisce di lacrime e silenzi,
          vorrei guardarti negli occhi
          e raggiungerti ovunque tu sia,
          cercarti in ogni latitudine
          fino agli estremi confini della ragione.

          Sciolgo i miei brividi
          in catini di vetro
          trasparenti come lacrime,
          taglienti come lame di luna,
          spinosi come rovi senza frutti,
          né fiori, né sospiri, né baci, né deliri.

          Ma tu soccorrimi, amico,
          donami briciole di sogni,
          strofe di poesia infinita,
          lacrime dolci di miele d'acacia,
          bocconi d'assenzio e acqua di rose...

          Toccami l'anima, sfiorami il viso
          senti, che dolci le lacrime di marzo
          sono gioielli di quarzo
          per chi ne vorrà.

          Non negarmi i tuoi sogni
          buia notte!
          Domani avrò fame di stelle
          e mi nutrirò di sospiri.

          Questa notte sfoglierò
          pagine d'ombra
          in attesa di sognare
          albe di rugiada.

          Qui e Ora voglio restare
          abbracciata alla notte
          per farmi addormentare...

          Domani sarò certo un altro giorno!
          Mi toccherà nuovamente vivere...
          Mi toccherà di nuovo indossare
          una collana di spine senza rose...

          ieri... ore 23.
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            Scritta da: annysea

            L’uomo degli aquiloni

            L'uomo che imitava gli aquiloni
            aveva braccia grandi di sequoia.
            Si misurava in gioco, ogni giorno, verso sera
            con gli uccelli migratori.
            Attraversava nubi di brina
            E si bagnava le piume dell'anima
            Con le gocce cadute dagli arcobaleni sbiaditi
            Si dava appuntamento nel bosco delle betulle
            Ad imitare il rosso del fogliame.
            Scricchiolava la sua anima
            come ramo spezzato
            che ardeva di gemme inesplose
            Contava quanti passi lo separavano
            Dallo sguardo delle sue amate ninfe.
            L'uomo che imitava gli aquiloni
            Non aveva un nome proprio,
            si chiamava da solo con un nome nuovo
            ogni primavera.
            Quando s'innalzava troppo in alto
            Soffriva di vertigini
            Sognava di vedere cose nuove,
            cose che sulla terra non esistono,
            Cose che destavano di stupore alle sue stesse pupille,
            socchiudeva le palpebre e vedeva paradisi di braccia tese.
            Braccia come ramaglie di querce ed ulivi
            Braccia come grovigli di nasse

            Come reti che sognano mari aperti e pescosi.
            Braccia come baci che ti stringono.
            Braccia come catene che ti legano,
            braccia come passaporti aperte alle frontiere dell'amore,
            braccia come lasciapassare in un mondo di accoglienza.
            L'uomo che imitava gli aquiloni si assentava spesso,
            metteva il cartello "closed" e spariva per mesi interi.
            Era naufrago su rive azzurre e piane.
            Era seduto sotto palmeti di quiete.
            L'uomo non ricordava mai il suo nome,
            se glielo chiedevi ci doveva pensare su qualche momento,
            poi scrollandosi le ali coperte di brina
            ti fissava dritto negli occhi e ti diceva un nome,
            uno di un altro, un altro e non il suo.
            L'uomo che imitava gli aquiloni era un mistero persino a se stesso,
            non aveva nome, né carta d'identità, ne domicilio, né dimora,
            né cane, né donna, né amori.
            L'uomo che imitava gli aquiloni abita nel mio sogno ricorrente.
            Io lo chiamo con un nome misterioso
            Il suo nome è quello di un principe, un principe folle,
            di nome Wolfang.
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              Scritta da: annysea
              I miei pensieri come viticci inanellati
              ti afferrano e ti avviluppano al mio sguardo
              ma tu non indugiare
              allontanati in fretta,
              Non volgerti indietro,
              non porgermi l'appiglio dei tuoi occhi...
              lasciami nel mio equinozio d'autunno
              dove le passioni sono tenute al guinzaglio
              come cani levrieri ansiosi di correre senza freni.
              Ma tu non volgerti.
              Non offrirmi liane di desideri
              alle quali mi aggrapperei
              con uncini di sogni
              per sottrarre al mio tempo
              un ultimo scampolo di felicità.
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                Scritta da: annysea

                Le donne di Tagore

                Le donne di Tagore
                hanno caviglie leggere
                e un tremito fugace
                nelle pupille cerbiatte.

                Le donne di Tagore si cingono i fianchi
                con fiori di mango e di ibisco
                e adornano i loro lobi rosati
                con la luce di fuggenti mattini

                Camminano lungo i sentieri
                con le palpebre socchiuse
                celando il loro cristallino
                più nero delle nubi in tempesta.

                Non lasciano mai il loro mantello
                sulle rive di fiumi sconosciuti,
                o il loro velo ai bordi della notte misteriosa.

                Camminano come sospese,
                facendo tintinnare i loro monili,
                ma non fanno troppo caso
                alla rosa che si schiude sopra il seno.

                Sono avvezze alla luce della lampada,
                riparano il loro incarnato d'avorio
                dal sole dei meriggi.

                Ma, alla fine del giorno
                non hanno vergogna a mostrare
                l'incantato giardino
                al loro giardiniere
                che gentilmente
                l'uscio bramato sospinge
                con nocche di dita leggere...
                Composta sabato 8 marzo 2008
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                  Scritta da: annysea

                  melagrana d'oro

                  A volte mi chiedo se esisti davvero
                  o sei ectoplasma pulsante
                  oppure cristallo di neve
                  che volteggiando s'annulla
                  senza riuscire a posarsi.

                  Sei tormento che si fa quiete
                  e delirio che si muta in estasi.

                  Mi percorri
                  senza lasciare traccia,
                  ma vestigia di candore deponi
                  nel palmo della mia mano.

                  Se tu fossi vero
                  tenderei le braccia a saggiare la tua stretta,
                  a percepire l'alito di vita che ti illumina le pupille.
                  A me, gli dei concessero un solo sguardo appena
                  un sorriso che mi rese prigioniera,
                  in quel castello merlato di ricordi
                  e mi consegnò al tuo dominio d'amore
                  per il resto dei miei giorni...

                  Se tu fossi vero capirei
                  il sole che si ostina ad abbagliare il tuo ricordo
                  fino a farlo coagulare nella mente
                  come una melagrana d'oro.

                  Che non posso gustare se non con gli occhi.
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