Un carnevale Abbiamo sentito l'alito caldo sotto la maschera madida di sudore. Abbiamo ballato per ore senza scambiare parole, sbirciando gli occhi dal cappuccio di fodera nera. Senza vederci abbiamo sentito l'amore. Una sala improvvisata sotto un'aria di fritto, una grassa risata. Un bancone diritto da dove pioveva buon vino. Un febbraio clemente, che ci dava ristoro. "Unu ticcù e abbardente" in una mischia dai ninnoli d'oro. Confusione e schiamazzi che quegli anni facevano pazzi ed irresponsabili, vogliosi di solo piacere, amanti di mestiere per poche serate. Son passate le stagioni dei gai stornelli, abbiamo buttato la maschera perché la vita ci ha chiesto il lasciapassare. Gli anni sono più avanti, ma di carnevale, anche se per pochi istanti penso a un amore di poche serate. A un forte pensiero spento con le grandi chiassate. Ora è tornato il silenzio, e la vita non ci fa più passare in quello stretto pertugio che portava alla sala. Ora c'è la luce solare. A questa non possiamo mentire, non ci è concesso trasgredire di nuovo. Chissà dove sei, e come ti chiami. Forse ancora mi ami, o ami quel cavaliere che mai avrebbe saputo di poter dare piacere. Ci voleva la maschera per poter diventare un'amante di razza anche se per poche sere. Chissà se ci pensi e se lo fai, spero tanto che i sensi ti facciano fremere ancora. Per me si è spenta l'aurora, e nel sole che al tramonto scolora cerco ancora il ricordo di un viso che ancor oggi mi ignora.
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