La civiltà della luce è crollata, e neanche la polvere riesce a dare una parvenza del suo esistere, cantano un pianto carillon di stelle sul neonato che è una culla di scheletro, si calpesta, scavandolo, il terreno, e il passo è il grido nel buio insicuro del fatto che sia carne oppure cenere: vi si affacciano, Narcisi nolenti su un lago ormai di ostinato ghiaccio, scivolano in compromessi di riflessi, infimità marina in decomposte urla, disfatta tela di Penelope, gesso caduto orizzontalmente su una lavagna davanti alla quale non c'è mai stato fosse anche un alunno, dove scrittura è un oblio ribevuto, dove non si fa in tempo a dire fine.
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