Più non si riprodurrà per me l'avvicendarsi di avvenimenti lieti e tristi un giorno; tutto resterà intatto alle mie spalle: la vita quotidiana della gente il ridicolo universo, le distanze. -Vale la pena di vivere? - è la domanda schiacciante che mi si presenta davanti ogni alba. Qual è la risposta? Quante logiche astruse a sostegno di un'esistenza edace che dilegua! Eppure non so rispondere al rebus se assisto ad accasci di speranze e sventro nasciture illusioni. Esposto al dubbio che si addensa e si spalanca interrogo l'oroscopo: nella sfera di vetro divinatoria frammentario si mischia passato e futuro; non vi è collante che faccia presa né evoluta che a qualcosa adduca; mi guardo nel cuore, la poca luce mi inclina cedo, salto tra cielo e abisso; in sosta sull'orlo dello stupore nulla fiuto dall'incurante tempo per proteggermi dal peggio. Senza un chiaro senso, per abitudine, ancora per un frangente, spinto dal vento delle passioni verosimile continuerò a viaggiare; senza insegne di esultanza tremante aspetterò un segnale da un viso senza volto: qualcuno busserà la prima e l'ultima volta. Poi, stramazzato resterò muto: si acclarerà un nulla al cospetto del mondo ad onta di quel che senza volerlo. Pur fui.
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