Negli anni che vivevo in terra africana venne a visitarmi un mozambicano. Aveva negli occhi un messaggio, nelle mani la speranza e il candore. Mi diceva ridendo senza scomporsi: "Guarda, oggi la terra è molto triste..."
Continuò il discorso con parole vere sui nuovi padroni su poltrone del potere. Si ricordava degli europei coloniali arrivati poveri per diventare avari, poi gonfiavano le nostre mani con la palmatoria forata di dolore.
Le nostre strade erano di terra antica ripulite e messe in sesto ogni anno da mio padre, le mie e donne e figli. Erano tempi tristi senza sogni. Riempivamo le notti al ritmo di tamburi, danze ancestrali e acquardente amara.
Sognavamo un domani con allegria ma ancora oggi la terra è triste, sì triste. Quando arriveranno le case di pietra, i figli senza vergogna di essere uomini, le donne piene di vita e senza timori, con una terra ricca tutta per noi?
Io sto sognando in pieno mezzogiorno, ripeteva con voce rotta da singhiozzi, il mondo che vivranno i miei nipoti. Ma oggi per me la terra è ancora triste. In casa ho solo farina macinata su pietre. Il companatico è rimasto anche oggi nelle case dei ricchi appena arrivati.
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