Sono nato in un prato d'infiniti fiori e colori, soavi sinfonie perpetue erano cantate dalle brezze che non conoscevano la violenza del vento. Poi i colori sfumarono, i fiori appassirono e tutt'intorno stonavano risa acidule e ghigni. Seppi d'esser precipitato nella vita! Ma ancora i miei occhi vogliono vestire quei colori e le mie orecchie trovar quiete in quelle sinfonie, e un senso d'inadeguata colpa mi lacera: ma chi sono io per correggere il tratto che sin dall'alba delinea i miei confini?
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