Il mandarino contenne la sua ira quando i sevitori tremanti riferirono che dalla gabbietta aperta il passerotto, che più di ogni cosa amava, era sparito. Egli salì sopra la torre e scrutando il cielo in lontananza vide l'uccellino che fuggiva e che, credendo di volare verso il sole, s'inoltrava fra le nubi di tempesta. Con terrore pensò al buio della notte popolato di orribili grifagni che fra poco avrebbe avvolto l'improvvido uccellino infreddolito. Allora fu grande il suo dolore.
Arrivarono da tutto il regno musici, buffoni e concubine e le stanze della reggia risuonavano di allegre musiche di danza. Ma più niente rallegrava il mandarino.
I mercanti portarono le sete più lievi fruscianti e colorate e le gemme preziose incastonate in splendidi gioielli. Ma più niente interessava al mandarino.
I maghi allora gli donarono pavoni finti costruiti con piume d'oro o di cristallo e con occhi di zaffiro o rubino e che dentro avevano un congegno che imitava il trillo di un uccello. Ma più niente ingannava il mandarino.
E i savi dottori che venivano con libri polverosi gli spiegavano che gli uccelli derivano dai rettili e che lui si era innamorato di un piccolo serpente con le piume. Ma più niente consolava il mandarino.
Tutti i giorni seguenti il mandarino saliva sulla torre alta e con un lungo cannocchiale scrutava il cielo fino all'orizzonte, incurante delle orde dei nemici che premevano oltre la muraglia. Sperava di vedere l'uccellino volare in lontananza; e il cielo era solcato dai voli dei terribili rapaci.
Oh se ti avessi dato una gabbietta con le stecche d'oro, oppure avessi costruito per te, nel mio giardino, con fili invisibili, un'aerea voliera. Ora ti poseresti felice fra i cespi delle rose e sopra i rami dei ciliegi in fiore. O forse bastava che io ti parlassi ogni mattina, e tu saresti qui sulla mia mano.
Ora attendo soltanto le orde dei nomadi nemici feroci tagliatori di teste che verranno dalle steppe immense, cavalcando diabolici destrieri; e scaleranno i bastioni di difesa e irromperanno nella fertile pianura incendiando i campi di riso e la mia reggia. Ma più nulla m'importa e io non temo l'infausto mio destino e la morte atroce che inesorabilmente, a lunghi passi, si avvicina.
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