L'acerbo gioviale
I giorni
che il tempo
passando, conduce pigri
alla sera, paiono nembi oscurati
spinti da venti stranieri, distanti dal
cielo, dagl'occhi dal cuore, senza colore o sapore
Senza tramonti né aurore, senza un raggio di
sole, né d'uno spicchio di luna rimasto la notte
accesa, ove smorzare pensieri, ove annegare dolori, ove
sognare ancora
Dei visi e volti in memoria arroccati, ardenti patiti tremori
che a notte inoltrata, spesso bussano ancora, alle porte serrate
del cuore, rimasti poi al risveglio, riecheggiano vaghe
parole, come richiami dispersi, nel vento
amico d'allora
È li che scorgo sbiaditi, quei tratti di vita
vissuta, quelle strade dai piedi viaggiate
quei sogni a terra caduti
Di colline, l'acerbo gioviale, del
mare l'azzurro d'amore
Del'oggi, l'amaro
sapore.
Composta martedì 28 maggio 2013
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