La notte mi osserva, mi scruta dentro. Alla luna piena di ieri si è sostituito un cielo denso di nubi, l'aria è più fresca e l'estate volge alla fine del suo cammino, ma tornerà il prossimo anno. Penso a chi non c'è più. A chi se ne è andato fisicamente tanti anni fa ma che mi risuona dentro ogni giorno, senza abbandonarmi mai. A chi non ho potuto salutare ma che mi ha accompagnato lungo la strada, nonostante tutto, nonostante me. A chi ho conosciuto poco, ma che è andato via troppo giovane. Penso a chi se ne andrà e mi spezzerà il cuore. Penso anche a chi invece mi si è spento dentro e con cui non ho più legami. Penso a chi ho voluto portarmi dentro fino ad oggi. Penso a chi non ha mai voluto legarsi. Penso a chi non ho mai conosciuto. Penso agli amori possibili e figuro il cammino delle maree. Penso agli amori impossibili e provo a capire perché. Penso al motivo per cui trasciniamo la nostra vita nel dolore consapevole di quanto questa sia così breve e costellata di delusioni, piccoli dolori, grandi perdite, brevi gioie. Mi domando perché la soluzione più facile sia l'immobilità e poi improvvisamente tutto è chiaro: la prima reazione alla paura è la paralisi. E allora la stasi è la soluzione alla paura, fisica e emotiva. E allora è meglio non prendere decisioni, è meglio accontentarsi, meglio essere felici a metà o non esserlo mai. È ovvio ripetere gli stessi errori, percorrere la medesima strada infonde sicurezza. La paura di restare solo ti fa restare. La consapevolezza che la solitudine è il passo necessario per ritrovarsi e per ritrovare la giusta strada ti fa andare. Tu cosa farai? <testa o croce>? Vincerò la scommessa.
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