Quando finalmente le ombre le ho lasciate tre isolati indietro e rientro, stremato e fiero, dalla porta principale, e tra le mani tengo saldo e orgoglioso il dono del mio io presente, Lei è ancora lì, nell'albergo che mi attende.
Ma il salottino dei timori ha le ombre lunghe del passato, e dall'angolo oscuro, da quell'unica prospettiva di verità a cui era abituata, Lei, principessa che nulla deve, dalla penombra mi scruta le tasche cercando polvere e indizi.
Tu sei lì, entusiasta e lindo come un bambino a natale, con gli occhioni luccicanti e in mano il tuo bel regalo e la voglia di viverlo, ma lei non ti vede; esaminatrice cieca vede ombre, passato e polvere.
Babbo natale non esiste! Il fendente squarcia le viscere, Lei non mi vede! Il sangue imbratta il regalo mentre barcollo sulle mie sicurezze: Lei vede le sue paure.
Le mani tremano, le mura crollano, mi lascio andare, mollo la presa e il regalo è già frantumi. Lei non mi vede.
Gelida fissa i cocci sparsi ai miei piedi e tra essi le mie ombre, che solo un istante prima vagavano orfane in Alabama o giù di lì, e ora già ghignano, beffarde e crudeli, tra i resti di quello che potevo essere, se solo lei avesse voluto crederci.
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