In vetta mi restavo all'alto monte dalle pareti lisce, strapiombate e tutt'intorno v'era un fosso nero per quanto che potea vista mirare. Solo mi stavo lì, senza speranza tremante per lo freddo e di paura; le membra anchilosate, solo tormento, il corpo mal reggevano le gambe e la vista si spegneva lentamente. Il cuore, di vita, in petto dava segnale per forte, velocissimo pulsare. Tremante, stordito, impaurito per tempo mi restai quando, qual fulmine, aprironsi le porte del cervello e dolce, soave di luce luminosa a braccia aperte avvolte dal Divino, azzurro Manto la Celeste Maria m'appar di fronte. In un abbraccio mi stringe dolce e caldo e mi riporta per lo sereno cielo, a braccia aperte a mò di rondinella oltre l'abisso periglioso e nero in pianeggiante, odoroso, erboso prato. Mi giro, non è più,. Nel nulla s'è dissolta. ed io all'alto Cielo volto lo guardo per lo scampato periglio e la serenità che dentro m'ero, così, pregai: Veneranda Madre! O Divina!. Un respiro vicino: Era mia moglie: Tutto fu un sogno.
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