Questo telefono è uno strumento maledetto. Perché, ben più delle autostrade, ben più delle lunghe file impazienti di macchine in coda, ben più dei promontori e del mare che vi si distende, come un braccio teso a separarci, questo strumento senza voce, mi dice ogni giorno l'incolmabile distanza fra te e me. Per questo ogni giorno lo tengo penosamente a distanza, come un'arma, perché ogni giorno mi colpisce al cuore. Eppure basterebbe un secondo, nell'incolmabile, e il tuo nome non frastornerebbe più ed io non dovrei filare questa bava di pianto attorno al corpo, questo sudario di parole senza senso, se non ti arrivano, né sognare di non avere scarpe per raggiungerti. Ma la mia codardia è pari soltanto alla tua paura di amare. Così siamo vigliacchi entrambi e, per questo, decisamente troppo fragili, come la creta. *** Tesso la tua immagine nella trama dei sogni quando scendi sui miei occhi e li bendi con una mano come la notte, di notte, quando la solitudine mi si corica di fianco e, proprio allora, mi sussurra in un orecchio il tuo respiro di coniglio, ruvida emanazione di un suono distillato di inquietudine insonne e di pianto, dolcissimo siero di amore affranto. Allora, oh amore, l'Amore, che non si può celare, splende sulle nostre distanze come il sole di mezzogiorno e mai siamo così, meravigliosamente vicini, così, inspiegabilmente, consapevoli, così demonicamente forti, da spezzare le ossa alle parole. E rimane il senso. E ci basta, il senso. E ci basta, questa ubriachezza di follia, che rende liberi, che ci rende amanti fino all'alba, quando sciogli la tua mano dai miei occhi e mi fai cieca al giorno, e come un falco richiamato dalla Ragione, torni a posarti sul suo guanto, per lasciarti bendare da uno stretto laccio sul cuore.
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