In questa trasparenza mattutina, t'inchini al colle come allora, tu, terra di sole e di speranze, coronata dal vigile profilo della forte Maiella. Sì, fammi essere felice. Ritorna a respirami nel tuo cielo azzurro. Sciogli i miei capelli, le mie non comprese ali. Che io possa dimenticare fra le trame dei vigneti il gelo triste dell'inganno.
Con te ho condiviso l'infinito, il canto astuto dell'arcobaleno, mentre, vestita di luce, rincorrevo lungo i campi la luna, senza dolermi delle tue stoppie.
Io non cercavo mari da varcare. Né cieli immaginifici e lontani.
Mi bastava la musica di una fisarmonica che ci univa la sera ed il profumo di gelsomino che lusinga il tempo avaro dell'attesa. E ci lusinga.
Ora che sono qui. Col mio sorriso bambino, tu risplendi come bianca sorgente nell'essenza che mi emani; mentre da lontano tornano la casa antica, le dolci acacie, le lucciole, le coccinelle, il miracolo di due farfalle dentro lo stesso fiore. I campi rosseggianti di papaveri. La tenerezza della sua voce.
Tu sei la nostalgia. Il sogno perso. Ora che ho conosciuto un'altra vita.
Un'altra vita fatta di giardini chiusi, di erbe incoerenti. Di fiori tristi. Campi disseccati. Strade d'acciaio rovente. Di abbandoni.
E un buio fitto, che dentro me dorme e si risveglia, lasciando tracce umide di solitudini ed inferni dove l'anima affannata a volte fugge e si nasconde.
Muta e nuda tu mi guardi. Senza lasciarmi un segno.
Vuota, dei giorni che non osiamo più sperare, fra case sconosciute e alberi secchi. E passi che s'incrociano ciechi. Con la lucida pazienza di un amore disilluso dalle parole.
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