ora che non ci sei ti voglio dire amore, questa parola così usata, abusata, scontata, ripudiata, respinta. Io, qualche volta, l'ho sentita salire lungo il tunnel del cuore, arrivare sull'orlo delle labbra, come sull'orlo di un pozzo profondo, e lì sentire presto la vanità della parola, la sua inutilità, la sua importanza.
Ed ho taciuto.
Altre volte, guardando la ruga precoce della fronte, lunga e profonda come una ferita, avrei voluto passare lieve su di essa la mia mano, come si fa con l'abito sgualcito e la sua piega. Alla punta delle dita avrei voluto affidare la parola "amore", ma il gesto incompiuto s'innalza come un muro, un aborto di sorriso.
Ed ho taciuto.
Quella volta, ricordi; quella rara volta che ti vidi brillare negli occhi una lacrima cocente come l'oro fuso, e battesti, muto, il pugno sulla tavola, senza un urlo, un fremito, una bestemmia, mi corse come un'ala di rondine la parola amore, nei cieli solidali del mio animo, ma il volo si fermò sulla tua piega amara, e ancora non la dissi.
Ma stanotte, che mi manchi, e mi manca la tua persona amata il tuo essere uomo, il mio compagno, stasera che mi sento naufragare e i tuoni del silenzio sono più forti e cupi stasera ti chiamo "amore, amore" anzi lo grido,
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